MotoGP, Bezzecchi e la fama: “La gente mi apprezza perché sono me stesso”

Il pilota del team VR46 racconta il rapporto con i tifosi
MotoGP, Bezzecchi e la fama: “La gente mi apprezza perché sono me stesso”© EPA

ROMA - Marco Bezzecchi è sicuramente il volto da copertina di questi primi scampoli di stagione MotoGP. Dopo essere stato il miglior rookie del 2022, il riminese è ripartito alla grande centrando la prima vittoria nella classe regina a Termas de Rio Hondo, conquistando anche la vetta del mondiale, poi confermata con un doppio sesto posto ad Austin. Risultati che, inevitabilmente, lo hanno posto al centro dell'attenzione, aumentando la sua fanbase: "È una sensazione strana, quest'anno il numero di tifosi continua a crescere. Ed è bello, perché non faccio niente di straordinario, ma cerco semplicemente di essere me stesso - ha spiegato in un'intervista a Speedweek -. La gente ha cominciato a fermarmi dopo qualche bella gara in Moto3. All'inizio era insolito ma bello. Non sono molto famoso, ma dove vivo io la passione per il motorsport è alta, quindi in molti mi conoscono, ma così come conoscono tutti i piloti italiani. Non ho dovuto cambiare il mio comportamento dall'oggi al domani, semmai mi sono adattato"

Bezzecchi e i primi contatti con le moto

"Ma nessuno è qui con l'unico scopo di essere famoso - ha precisato Bezzecchi -. Quello che volevo era correre su strada, e in particolare in MotoGP. Mio padre è meccanico, così come mio nonno, per cui sono cresciuto con la passione per le moto. Tutto è nato da una visita a un negozio: mio padre aveva appena comprato uno scooter, e quindi cercavamo un casco per me, come passeggero. Ne volevo uno in particolare, ma il proprietario mi disse che era di suo figlio e che non poteva venderlo perché era un pilota da corsa. E lì chiesi a mio padre se potevo correre anch'io". Poi, i primi passi: "Ho ricevuto la prima minimoto per compleanno. In realtà, all'inizio non ero molto bravo. Non avevo paura, ma appena sentivo qualcuno avvicinarsi lo facevo passare. Mia madre non era molto convinta di questa carriera, e anche mio papà non ha mai insistito: ero io a chiedere di guidare. E più crescevo, più diventavo bravo"

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