Australian Open, Sinner l’incompiuto: ma Tsitsipas ormai è a un passo

Jannik si è ancora avvicinato al greco, però manca il passo che porta al successo: smarrita la via al quinto set
Australian Open, Sinner l’incompiuto: ma Tsitsipas ormai è a un passo© Getty Images

Il graffio brucia, non meno di quello rimediato agli US Open. Allora un match point non sfruttato contro Alcaraz, ieri due set recuperati a Tsitsipas e poi dispersi nella volata finale. Unghiate dolorose su una ferita aperta ormai da un anno. Fu proprio lui, il greco filibustiere, “con la vita nei calzoni e il destino in mezzo ai denti”, a infliggerla sulla pelle semolosa di un Sinner ancora troppo bimbo per credere in se stesso. La cura c’è, anzi, ci sarebbe. Andare fino in fondo, strappare a morsi il risultato. In una parola, vincere! Ma non è facile dare forma a una volontà talmente comune da sembrare sempre lì, a portata di mano, mentre comporta l’arte più cinica che vi sia, quella di sopraffare gli avversari costringendoli a cedere. E forse sarebbe meglio non girarci troppo intorno, per non incasinare oltre le carte. È il caso di chiedersi - questo stiamo dicendo - se sia opportuno almanaccare per giorni su quanto Sinner si sia avvicinato a Tsitsipas, piuttosto che stabilire se sia stato fatto tutto il necessario per insegnare al giovane Semola come appropriarsi di ciò che serva a condurre in porto i match quando gli avversari sono forti abbastanza da offrire pochi appigli e rendere anche quelli sdruccioli come saponette. Giocare bene è importante, ma vincere è un altro sport. Lo dice spesso Panatta, che qualche insegnamento in merito dovrebbe aver appreso, lungo una carriera in cui molto ha vinto e molto di più avrebbe potuto (e forse voluto) vincere.

Sinner, Tsitsipas è a un passo

Certo non sta a noi indicare la giusta via per imparare a vincere, quanto chiedersi se siano stati affrontati i passi corretti nella giusta direzione, e se chi sta al fianco di Jannik (da Cahill che in singolare ha vinto due titoli nel Tour, a Vagnozzi che non ne ha vinto alcuno, fino a Piatti che non ha mai avuto l’occasione di provarci) sappia instradarlo. Se l’obiettivo del match era fare i conti con se stesso, e registrare i progressi compiuti, a un anno di distanza dalla dura lezione che il greco gli rifilò sui campi di Melbourne, Sinner può stare in pace con se stesso, e sfilarsi quella maschera di delusione che l’ha accompagnato all’uscita dal campo. Tsitsipas è più che vicino, è ormai a un passo. Significa che le qualità per elevarsi a Jannik non mancano e che il suo team sta lavorando bene. Ha ceduto due set travolto dalla vitalità muscolare del greco, dalla gittata dei suoi servizi, dalla millimetrica impudenza con cui ha piazzato i dritti violenti a un dito dalle righe. C’era poco da fare, ma Sinner è riuscito ugualmente ad approfittare del primo cedimento di Tsitsi (più fisico che mentale, così è apparso) per prendere possesso del campo. Da quel momento, per due set, il match è vissuto solo delle sue limpide geometrie, dei dritti vorticosi scoccati dagli angoli, e delle smorzate (micidiali quelle con il dritto) che Stefanos ha fatto fatica a capire, prima ancora che restarne sorpreso. Poco meno di due ore di gioco (delle quattro esatte della sfida) nelle quali il tennista di montagna ha mostrato un repertorio più ampio di quello in possesso di Tsitsipas, d’improvviso in crisi con i due colpi migliori del suo corredo, il servizio e il dritto.

Vicino alla vittoria

Si è fatto in quattro, Sinner, ma avrebbe dovuto farsi in cinque. Nel tennis da Slam, è la regola. Su un piano strettamente statistico, il quinto set si è consegnato a Tsitsipas nel momento in cui il greco è tornato a centrare la prima di servizio (92%, rispetto al dato medio del 72% nei 5 set) e su quel primo colpo affondare con violenza il dritto. Sinner ha tenuto la prima battuta, ma nel quarto game ha dovuto risalire da 0-40 con cinque colpi vincenti, e nel sesto game il problema si è ripresentato. Lì Tsitsipas ha ritrovato il break perduto (l’ultimo era giunto sul 5-4 della seconda frazione), e intorno a quello ha gestito con tranquilla efficienza ciò che restava del set. «Al cambio tra il quarto e il quinto», ha rivelato Tsitsipas a Courier, che lo intervistava alla fine, «ho pensato fosse utile sciogliere il braccio destro, accudirlo per qualche minuto, in modo che ritrovasse la morbidezza del gesto. Non so se è stato questo a fare la differenza, però ho ritrovato quasi subito i colpi dei primi due set, e questo è servito a darmi fiducia». L’altra dote che Tsitsi ha messo in campo è stata la cattiveria, a dir poco traboccante. Non era difficile accorgersene. Negli sguardi, nella furia del suo incedere. E certo anche Sinner l’ha avvertita, fino a sentirsela addosso. Jannik ha disposto di 30 palle break, nel corso del match. La cosa gli fa onore, e conferma quanto sia andato vicino a vincerlo. «Mi sono sentito a un passo, ma ho commesso due o tre errori banali. Perdere così è duro». Il fatto che di quelle trenta occasioni, solo 4 siano andate a segno (5 su 11 per Tsitsipas), è però l’altra faccia della medaglia. E su quella sarà bene cambiare registro. Tsitsipas nei quarti avrà Lehecka, il ceco ventunenne (numero 71) che già vale i primi venti. La corsa al titolo continua. E in palio c’è anche il numero uno.

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