Sinner the Winner, storia di un vincente seriale: lo slalom, il pallone e il tennis

Educato in una “famiglia sana”, come l’ha definita Nadal. Lo slalom gigante sulle nevi, poi il pallone. Ma il tennis lo conquista al Tc Bruneck

Gira una foto, una soltanto, che riunisce i Sinner intorno al figlio. È di un anno fa e Jannik ha lo stesso sorriso che abbiamo riscoperto in questi giorni, di uno che sa di aver compiuto le scelte giuste. Con un gesto sembra introdurre nel mondo la sua famiglia… Papà Hanspeter e mamma Siglinde appaiono giovanili, sorridenti, lui rosso un po’ stinto, 59 anni ben portati, lei bionda, 57, ma portati meglio del marito. C’è anche il fratello di Jannik, Mark, di tre anni più grande. È russo, di Rostov. Un ragazzo del 1998. I Sinner l’hanno adottato convinti che il futuro non avrebbe riservato la gioia di una nascita, e invece Jannik è arrivato, quasi all’improvviso. Ha fatto lo stesso nel tennis, dove si pensava che il mondo avesse già scelto i protagonisti del futuro, ragazzi più svelti di Jannik, più fluidi nei colpi e in grado di colpire l’occhio. Ma lui, JS, è un tipo particolare, ha i suoi tempi, sulle cose si prende il tempo per riflettere e decidere per il meglio. E sa ribaltare gli scenari, le frasi fatte. In fondo, è ciò che ha fatto nascendo. Jannik è il primo figlio nato già secondogenito.

L'importanza della famiglia

L’ho sempre chiamato Semola. Mi ricorda il giovane Artù nel cartone della Disney, La Spada nella Roccia: all’apparenza gracile e stranito, sempre avvolto nei propri pensieri, ma il solo capace di estrarre Excalibur dalla sua guaina granitica. A Semola piace avere un fratello più grande. Ha un affetto per Mark che quasi lo scuote da dentro al solo nominarlo. «Se ho un problema è il primo che voglio sentire. Sa tranquillizzarmi, mi dice le cose giuste, è come se fosse sempre in connessione con me, anche se talvolta capita di non sentirci per giorni». «Una famiglia sana», i Sinner. Rubo le parole a Nadal (vigilia della finale del Roland Garros 2022). Un’espressione forse buffa, ma assai ricercata, nella quale Rafa riuniva dedicandola al suo avversario norvegese, Casper Ruud, tutte quelle famiglie che costruiscono il futuro sugli esempi più solidi. L’importanza del lavoro e dell’impegno. Il rispetto e l’interesse reciproco… Difficilmente HP e Siglinde li vedremo assieme a un torneo. È successo poche volte. Una alle finali Next Gen del 2019, a Milano, prima vittoria del figlio in campo internazionale, seppure in un torneo dedicato alle giovani promesse. Poi a Vienna, il mese scorso, per un’altra vittoria di Semola, ben più significativa. E la più recente a Torino... «La verità è che non ce la faccio a guardarlo, l’ansia mi prende allo stomaco», dice mammà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L'infanzia e l'adolescenza

La parte europea del Tour coincide con l’alta stagione estiva in Val Fiscalina. Il rifugio Fondovalle, Talschlusshütte, fondato nel 1952 e rinnovato 51 anni dopo, al centro di un ramificato sistema di percorsi che conducono fino ai Crostoni di Croda Rossa nel Parco Nazionale delle Tre Cime, è stato per anni il posto di lavoro dei signori Sinner. Lui chef, specialità canederli e zuppe. Lei caposala. Ora qualcosa è cambiato. Hanspeter dopo 40 anni dietro ai fornelli è andato in pensione, giovane e intenzionato a recuperare il tempo perduto con il figlio. Lo segue più di prima e Jannik l’ha coinvolto come cuoco del gruppo, ma zuppe e canederli restano off limits o quasi. Quale debba essere l’alimentazione lo decide Umberto Ferrara, il preparatore atletico. «Nutrirsi bene è decisivo», ha spiegato Jannik, «sbagliare alimentazione indebolisce. Sono piccoli particolari? Forse, ma vanno considerati ugualmente importanti, altrimenti passerei il mio tempo abbracciato a una Sacher Torte. Il tennis è una costruzione per arrivare in alto. Inutile commettere errori stupidi». Jannik sa fare la pizza. Le rende poco probabili, con occhi di pomodoro, naso a zucchina e labbra di peperone. «La pizza me stesso», la chiama. Fondamentalmente vegana, sebbene lui ci sappia fare anche con il barbecue. Sa scegliere la carne, sa insaporirla, e non sbaglia la cottura. «Ma se ci pensa mio padre, è tutta un’altra cosa. Anche i piatti di pasta più semplici. Da piccolo usciva di casa alle sette, e non si sapeva quando sarebbe rientrato. Lo vedo di più ora, da quando ha deciso di seguirmi. È successo quest’estate, con i tornei in America. Io sono felice, non abbiamo passato molto tempo assieme, ed entrambi abbiamo voglia di recuperare il tempo perduto». Mamma Siglinde anche ha lasciato il rifugio Fondovalle. Ora si occupa della casa vacanze che ha creato nell’appartamento che da sempre ospita la famiglia. L’ha chiamata Haus Sinner. Una casa per riposare e riflettere, sfruttando un cognome che in lingua tedesca viene dalla parola sinnen, che significa meditare, progettare. Jannik il Peccatore, dunque, è un derivato della lingua inglese. Intrigante, ma errato. Jannik il Riflessivo invece è più esatto. E gli si attaglia di più. In tedesco Sinner ha fatto le scuole superiori, all’istituto tecnico Walther di Bolzano. La maturità forse la prenderà in italiano, in qualche istituto ligure, giura che è un suo obiettivo.

Sinner e gli sport

Lo sport è arrivato prima. Lo sci a quattro anni, il calcio subito dopo. Poi il tennis. Ad accompagnarlo e riprenderlo sempre il nonno. La casa di Josef e Maria, i nonni, era quella dei pomeriggi, dei compiti a casa. La sera i genitori passavano a prenderlo, spesso addormentato. Avrebbe potuto diventare un ottimo sciatore, specialità slalom gigante. Vinse anche un titolo importante, a 7 anni, il Gran Premio Giovanissimi 2009, ma la filosofia che lo attraeva di più era quella del tennis. «Se fai un errore con gli sci, sei fuori. Il tennis ti dà invece il tempo per correggerti, e per uno come me, che quando perdo una partita potrei svegliarmi di notte per tornare sul campo a correggere gli errori che ho commesso, il tempo è un elemento indispensabile». A otto anni, infatti Semola aveva già cambiato tutto, lo sport e i percorsi che nonno Josef avrebbe dovuto fare per portarlo al Tc Bruneck. Il calcio lo seguì per altri due anni, poi finì anch’esso da parte dopo una lite con il padre, che allenava il Sexten. Dopo uno slalom a suon di dribbling, con il quale Jannik si era liberato di mezza squadra avversaria per andare a segnare, il padre lo aveva fatto accomodare in panchina. «Qui non si gioca da soli». La lezione riguardava l’umiltà. Jannik non la prese bene, ma capì. Al Tennis Club il maestro Heribert (Hebi) Mayr si accorse presto delle qualità del ragazzino dai lunghi capelli rossi, e ne parlò ad Andrea Spizzica, l’unico che da quelle parti sapesse di tennis professionistico, avendo giocato da n. 960 del mondo. La catena si chiuse con altre tre telefonate. La prima a Sartori, coach di Seppi e collaboratore di Piatti. Jannik aveva 13 anni. Nella seconda fu Sartori a dire a Piatti di aver trovato un ragazzino con i numeri giusti. «Ha stoffa, fa le cose per bene, con grande impegno, e impara presto». La terza, la più difficile, toccò a Piatti. Chiamò i genitori del ragazzo. Raccontò del suo centro, della vita che avrebbe vissuto Jannik, che sì, era giovane, ma neanche tanto per un tennista. Li convinse. A un passo dai 14 anni Jannik fece i bagagli per Bordighera. Dalle Alpi al mare. Destinazione tennis.

(parte 1/continua...)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gira una foto, una soltanto, che riunisce i Sinner intorno al figlio. È di un anno fa e Jannik ha lo stesso sorriso che abbiamo riscoperto in questi giorni, di uno che sa di aver compiuto le scelte giuste. Con un gesto sembra introdurre nel mondo la sua famiglia… Papà Hanspeter e mamma Siglinde appaiono giovanili, sorridenti, lui rosso un po’ stinto, 59 anni ben portati, lei bionda, 57, ma portati meglio del marito. C’è anche il fratello di Jannik, Mark, di tre anni più grande. È russo, di Rostov. Un ragazzo del 1998. I Sinner l’hanno adottato convinti che il futuro non avrebbe riservato la gioia di una nascita, e invece Jannik è arrivato, quasi all’improvviso. Ha fatto lo stesso nel tennis, dove si pensava che il mondo avesse già scelto i protagonisti del futuro, ragazzi più svelti di Jannik, più fluidi nei colpi e in grado di colpire l’occhio. Ma lui, JS, è un tipo particolare, ha i suoi tempi, sulle cose si prende il tempo per riflettere e decidere per il meglio. E sa ribaltare gli scenari, le frasi fatte. In fondo, è ciò che ha fatto nascendo. Jannik è il primo figlio nato già secondogenito.

L'importanza della famiglia

L’ho sempre chiamato Semola. Mi ricorda il giovane Artù nel cartone della Disney, La Spada nella Roccia: all’apparenza gracile e stranito, sempre avvolto nei propri pensieri, ma il solo capace di estrarre Excalibur dalla sua guaina granitica. A Semola piace avere un fratello più grande. Ha un affetto per Mark che quasi lo scuote da dentro al solo nominarlo. «Se ho un problema è il primo che voglio sentire. Sa tranquillizzarmi, mi dice le cose giuste, è come se fosse sempre in connessione con me, anche se talvolta capita di non sentirci per giorni». «Una famiglia sana», i Sinner. Rubo le parole a Nadal (vigilia della finale del Roland Garros 2022). Un’espressione forse buffa, ma assai ricercata, nella quale Rafa riuniva dedicandola al suo avversario norvegese, Casper Ruud, tutte quelle famiglie che costruiscono il futuro sugli esempi più solidi. L’importanza del lavoro e dell’impegno. Il rispetto e l’interesse reciproco… Difficilmente HP e Siglinde li vedremo assieme a un torneo. È successo poche volte. Una alle finali Next Gen del 2019, a Milano, prima vittoria del figlio in campo internazionale, seppure in un torneo dedicato alle giovani promesse. Poi a Vienna, il mese scorso, per un’altra vittoria di Semola, ben più significativa. E la più recente a Torino... «La verità è che non ce la faccio a guardarlo, l’ansia mi prende allo stomaco», dice mammà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
Sinner the Winner, storia di un vincente seriale: lo slalom, il pallone e il tennis
2
L'infanzia e l'adolescenza