Jannik il tritatutti, migliora i suoi record senza pensare ai numeri

Dallo scorso settembre Sinner ha vinto 24 dei 26 match disputati e continua a migliorare: adesso sulla sua strada c’è Rublev e i precedenti sono a favore dell’azzurro
Jannik il tritatutti, migliora i suoi record senza pensare ai numeri© EPA

Al ragazzo dei record, il libro dei primati interessa fino a un certo punto. E se ho capito bene, è un punto assai vicino allo zero. Non è l’uomo della Storia, non la cerca e non ha intenzione di sfidarla. Se passa dalle sue parti, non si scansa, ed è già molto. Non è privo di emozioni, anche se ammette che di tanto in tanto si è costretti a mascherarsi con la propria poker face, per non dare agli avversari la soddisfazione di averlo impressionato. Ma quando parla di faccia da poker, non riesce a essere serio fino in fondo. Allora si gira verso il pubblico, sapendo che durante l’intervista di fine match il suo volto rimbalza su tutti gli schermi. «Bè, insomma, questa faccia qui», indica con la mano, «ammesso sia davvero da poker» conclude alzando gli occhi al cielo e sollevando la generale ilarità. Non è un ossimoro, Jannik Sinner, e nemmeno un complicato gioco di contraddizioni. Non è un robot e non occorre alcuna verifica per esserne sicuri. Non si nasconde, tutt’altro, il più delle volte è lui stesso a seminare gli indizi che occorrono per capirlo, quanto meno per disporsi sulla stessa lunghezza d’onda. Ma non partecipa al gioco di farsi ingabbiare in un’immagine confezionata ad arte. Semplicemente, non è come lo descrivono. Ma è storia antica, questa… Borg, non era Ice Borg, era «il matto calmo», ma comunque matto. Connors, il Jimbo metà elefante e metà tennista, che sembrava odiare gli avversari, era un bambino che amava giocare con le macchinine che regalava al figlio, ci passava le ore, qualche volta le notti. Gene Mayer, capace di smorzate imprevedibili che intontivano gli avversari, era il ragazzo che nello spogliatoio faceva scappare tutti, perché pretendeva, ogni giorno, di regalare a ognuno l’effige di un santo, e anche di raccontarne la storia. Nastase, Nasty il cattivo, era l’uomo più buono del mondo, sconsiderato finché si vuole, ma pronto a dare una mano a chiunque. Allo stesso modo, Guillermo Vilas non era “il poeta della pampa”, perché il talento più che sui versi scolastici che ha lasciato, lo riversava nei suoi dritti mancini. E se a questo punto mi chiedete quanto ci prendano i giornalisti, bene, anch’io mi nascondo dietro la mia faccia da poker.

Così, anche nel giorno in cui un nuovo quarto di finale si aggiunge ai suoi record nello Slam, il sesto della serie, come Panatta e Berrettini, Sinner per primo vi dirà che conta poco o nulla. «Penso a migliorare me stesso, la mia storia personale. Con i record farò i conti a fine carriera, se ancora saranno tali. Se mi chiedete invece quanto sia contento di questo momento, vi rispondo che lo sono in modo particolare. Ho vinto un incontro difficile, con un tennista molto aggressivo. Me l’aspettavo così, ma credo di aver compiuto le scelte giuste, da fondo campo, per arginare il suo tennis da ping pong. Meno bene sono andato sul servizio. Il prossimo allenamento lo dedicherò tutto alla battuta». Storia o no, record utili o meno, i conti tornano. Karen Khachanov è finito per le terre in tre set, sebbene meno sbrigativi del solito. A meno uno dal match con Djokovic, in semifinale, Sinner è l’unico a non aver perso un set, quarto italiano di sempre dopo Cucelli, Merlo e Barazzutti. Impressiona di più, a dire il vero, il rendimento del dopo US Open (dal settembre scorso, dunque) a oggi. Ventisei match con ventiquattro vittorie. Lo hanno battuto Shelton, subito punito nel match successivo, e Djokovic nella finale di Torino, calata tra le due vittorie ottenute da Sinner, nel round robin delle Finals e poi in Davis. Match di grande concretezza, quello con Karen, il russo dal nome al femminile (sostiene, Khachanov, che da dove vengono i suoi genitori, una zona vicino alla Mongolia, sia consueto attribuire nomi da uomo alle ragazze e viceversa, e mi chiedo se a qualcuna di esse sia toccato in sorte chiamarsi Vladimir).

Sinner ha sbloccato il primo set con un break a zero nel terzo gioco, ma a corto di prime palle, con il 46 per cento appena nelle statistiche, non è stato facile mantenere il servizio. Anche il secondo si è aperto con un break, che Jannik ha però subito restituito. La svolta sul 5 pari, con un break strappato in un game quanto mai laborioso, con il russo avanti 40-30 grazie a uno dei punti più entusiasmanti del match, colto dopo 29 scambi simili a una tempesta di fulmini. Qui le difese di Khachanov sono andate scemando. Nel terzo Sinner ha gestito, e il break (5 su 8 per Jannik, 1/10 per Karen) sul tre pari ha fatto la differenza. Contro Rublev, nei quarti, Sinner assicura che non sarà facile. Il russo ha mostrato grande vitalità nel battere al quinto un De Minaur in buonissima forma. Ma i precedenti (4-2) dicono che Rublev abbia vinto con Sinner solo per ritiro di quest’ultimo, causa infortunio. Notizie meno buone vengono da Djokovic. L’avevamo lasciato alla ricerca della miglior condizione. Sembra l’abbia trovata. E ha schiantato Mannarino lasciandolo a zero in due set.

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