C’era e non aveva un ruolo secondario dove tutto è cominciato, a Bergamo nel febbraio 2019, quando Jannik Sinner conquistò il suo primo titolo Challenger. Roberto Marcora era l’avversario in finale di quel ragazzo magro e con le lentiggini, dalla zazzera di capelli rossi, in gara con una wild card (era numero 546 Atp dopo alcuni buoni risultati nei tornei Futures Itf) ma capace di alzare un trofeo di questo circuito a soli 17 anni e sei mesi. Si può dire insomma che il giocatore nato a Busto Arsizio il 30 agosto 1989 e ritiratosi nella primavera scorsa dopo aver raggiunto come best ranking il 150° posto mondiale (a novembre si è comunque laureato campione italiano in doppio di pickleball), ha tenuto a battesimo un campione destinato ad entrare nella storia sportiva del nostro Paese.
Marcora, che ricordi ha di quel match?
«Di solito un tennista non parla volentieri delle sconfitte, però questa è un’eccezione. Ricordo che, pur stanco dopo una semifinale lunga e faticosa, un pensierino al mio primo titolo Challenger l'avevo fatto. Speravo che l'emozione della prima volta giocasse brutti scherzi a Jannik e magari sentisse un po’ di pressione, invece non c'è stata storia. Fin dai primi game ha impostato il suo gioco molto aggressivo, velocità di crociera molto più alta di qualsiasi altro giocatore che avevo incontrato. Io in apnea, lui con le idee chiarissime: finì 6-3 6-1. Il palazzetto era stracolmo, tremila persone all’interno e anche tanta gente rimasta fuori. Ancor più della tecnica, mi colpirono la sua maturità e la gestione dei momenti. Ci siamo accorti di vivere un giorno speciale».