Quando, a quattro anni, i suoi genitori le hanno chiesto che cosa volesse fare nel suo “tempo libero” lei ha risposto, secca, «giocare a tennis e suonare il pianoforte». Ancora oggi i due pezzi del cuore di Sarah Toscano, per noi rivelazione del Festival di Sanremo dove è approdata con il brano “Amarcord” dopo la vittoria ad “Amici”. La più giovane ad affrontare quel palco anche se non è sembrato per come l’ha “tenuto”, aiutata anche dalla sorridente leggerezza dei suoi 19 anni e del suo spirito. Quello che con un “ti amo” accende la viralità con Berrettini (anche se il suo idolo è un altro…), quello di chi «Il FantaSanremo mi rilassa, terzo posto, ma puntavo più in alto!». Ma che, allo stesso tempo, si è formato sulla terra rossa, dove impari che solo con la determinazione, la fatica e la costanza puoi tagliare grandi traguardi.
Sarah Toscano, il palco dell’Ariston è stato il suo centrale di Wimbledon?
«Diciamo una qualificazione al tabellone principale. Per il centrale ne devo ancora fare di strada…».
Intanto si è portata a casa un 17° posto che ha festeggiato come una vittoria.
«Ricordo che ero dietro le quinte e mentre leggevano la classifica ogni volta mi dicevo “Perché non hanno fatto il mio nome?”. Trovarmi a metà classifica al mio primo Festival a 19 anni è un risultato incredibile, anche se la classifica non è mai stata una mia priorità. Questo Festival per me è stato l’occasione per farmi conoscere da un pubblico diverso da quello di “Amici” o dei social. Per questo anche essere ricordata come una rivelazione significa aver centrato l’obiettivo».
Al pianoforte l’abbiamo vista sulle note di “Del Verde” la prima volta ad Amici. Con la racchetta, altra passione, ha raggiunto la categoria 2.7 nel 2021 ed è stata protagonista fino in Serie C. Come è iniziato questo percorso?
«Nella mia famiglia tutti giocano a tennis, mamma, papà, mio fratello. Ho iniziato proprio da piccola con il ciclo zero dove facevo un quarto d’ora di atletica e un quarto d’ora di tennis e poi ho iniziato a dedicare sempre più tempo. Perché per me era bello non solo giocare, ma anche condividere quel tempo con altri ragazzi, era bello tutto ciò che ruotava intorno al tennis».