Due tennisti soli al comando. A Roma, poi a Parigi, ora a Wimbledon, e dopo… "E dopo in qualsiasi torneo, evento o Coppa. Ovunque siano in tabellone", butta lì Paolo Bertolucci, offrendo l’immagine futura di un tennis senza altre rivalità possibili.
Basterà secondo te? A soddisfare il palato del pubblico, intendo. Ad accontentarlo nella sua smania di avere sempre lo spettacolo migliore…
"Non lo so. Al momento è così. Sinner contro Alcaraz e poi ancora Alcaraz contro Sinner. Non vedo soluzioni diverse. Sono convinto che nei grandi tornei, saranno loro due a spartirsi le vittorie. Da qui ai prossimi cinque anni almeno".
Una bocciatura per tutti gli altri…
"Se si parla di vertice, direi di sì. Poi occorre fare dei distinguo, vi sono tennisti in crescita, che potrebbero tentare in futuro di agganciare il carro dei più forti. E altri che invece sembrano aver esaurito la propria funzione. Penso a Medvedev, a Zverev. Rappresentavano la punta di diamante della prima generazione successiva ai Fab tre, ma non sono mai riusciti a governare il tennis perché Djokovic ha prolungato vincendo ovunque la propria carriera, e quando hanno pensato fosse giunto il loro momento si sono visti superare da Sinner e Alcaraz. Deve essere stato duro per loro".
Chi sarà il primo ad agganciare i due, lassù?
"Forse Fonseca, altrimenti nessuno. Parlo di chi si è già palesato, ovviamente, di chi ha giocato qualche torneo e si è fatto conoscere".
"Alcaraz e Sinner sullo stesso livello"
Hai usato il termine “spartirsi le vittorie”. Significa che nessuno dei due riuscirà pienamente a prendere il sopravvento sull’altro?
"Sì, match alla pari, sempre. Lo era a Parigi e lo è anche sull’erba. Se me lo avessi chiesto tempo fa forse avrei dato una leggerissima preferenza ad Alcaraz, ma dopo il Roland Garros, non più".
Ma a Parigi Sinner ha perso…
"Vero, ma al quinto set, dopo cinque ore e mezza, e con tre match point che potevano cambiare la storia di quella finale. Io dico che Jannik ne è sortito bene da quel piccolo dramma, e il fatto di aver ceduto ad Alcaraz in quel modo, e sulla superficie più favorevole allo spagnolo, credo gli abbia fatto toccare con mano i progressi compiuti. È un fatto, contro Shelton e poi contro Djokovic ho rivisto il Sinner 'australiano', quello che nessuno riusciva non dico a battere, ma anche ad avvicinare".
Però, oggi, alla pari…
"Sì, dire diversamente sarebbe davvero come giocare a testa o croce".
