Compagnoni: "Piste troppo facili, così si va più forte"

Ancora cadute e incidenti, interviene l'ex campionessa: "Lo sci non è KL: così non puoi più interpretare e fare la differenza, devi rischiare e fare cose estreme"
Compagnoni: "Piste troppo facili, così si va più forte"© /Ag. Aldo Liverani Sas

Il fascino e la bellezza di una pista incastonata nelle Dolomiti, la paura e le polemiche per gli incidenti. Tanti, troppi in due giorni. E non solo qui a Cortina. Schwarz, Kilde e Pinturault finiti in ospedale tra Bormio e Wengen, stagione finita anche per Vlhova (Jasna) e ora Suter, ma anche gente come Shiffrin e Gisin costrette ai box. E pure ieri l’elicottero s’è alzato sull’Olympia delle Tofane per l’americana Wright. Momenti delicati che Deborah Compagnoni, una campionessa totale che sa bene cosa siano gli infortuni, ha vissuto a bordo pista dopo aver fatto testare la sua ultima sfida: diventare stilista e sviluppatrice di una linea per lo sci e la montagna (la collezione Altavia in collaborazione con OVS). Un progetto che si svilupperà fino ai Giochi del 2026 e che Deborah ha voluto disegnare su coordinate che definisce democratiche: «Semplicità, funzionalità, cura dei dettagli tecnici ma anche materiali sostenibili e prezzi più bassi, alla portata di tutti». Quello che invece la valtellinese non vorrebbe vedere in gara.

Deborah, cosa pensa di tutti questi incidenti?

«Per me è tutto legato alla velocità: troppo alta. Con l’evoluzione dei materiali e piste sempre più lisce, preparate alla perfezione si fa troppo forte. Adesso gli uomini superano i 150 all’ora e le donne i 130. A quelle velocità appena fai un errore o una spigolata perdi il controllo e le cadute diventano rovinose. Anche perché non siamo in un circuito di moto, con vien di fuga enormi. In una pista di sci non c’è spazio. L’unica soluzione che vedo è quella di abbassare la velocità».

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Alcuni dicono che la velocità è sinonimo di spettacolo.

«Non sono d’accordo. In televisione si percepisce d’avvero la velocità? Anche ora con le riprese dal drone non mi sembra che sia quello il focus. Per me le gare sarebbero molto più spettacolari con velocità più ridotte e qualche salto in più».

Imporre sci meno performanti?

«Difficile, lo sviluppo dei materiali continua. Ora accelerano in tempi molto più ristretti. E scioline, tute, aerodinamica... tutto porta alla velocità. Per me bisogna intervenire sulle piste, tornando a quelle storiche e naturali come Kitzbuehel per gli uomini e qui a Cortina, con tanti dossi e ondulazioni, passaggi tra le rocce. Senza lisciarle, lasciandole mosse perché così si esalta la tecnica. Non so però se alle ragazze di oggi piacerebbe...».

Federica Brignone s’è lamentata delle piste-autostrada...

«Ha ragione. Sciatrici molto tecniche come lei ora possono fare meno la differenza. Più pista e neve sono facili, più devi rischiare e fare cose estreme per andare veloce. Non c’è più spazio per l’interpretazione, quello che esalta i campioni. Lo sci non è il Kilometro Lanciato. Per fortuna Federica, Sofia e Marta vincono e lo fanno da tempo. La squadra è più forte della mia».

Manca lo slalom. E tutte le discipline tecniche tra gli uomini.

«Bisogna lavorare sui bambini. Non vedo più insegnare le curve strette, si punta subito a buttare giù gli sci perché i giganti sono diventati molto più veloci. Ma le curve strette non te le inventi da grande. Per me è fondamentale imparare la tecnica, la velocità e le linee poi le impari con il tempo. Prima bisogna imparare a sciare bene».

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Il fascino e la bellezza di una pista incastonata nelle Dolomiti, la paura e le polemiche per gli incidenti. Tanti, troppi in due giorni. E non solo qui a Cortina. Schwarz, Kilde e Pinturault finiti in ospedale tra Bormio e Wengen, stagione finita anche per Vlhova (Jasna) e ora Suter, ma anche gente come Shiffrin e Gisin costrette ai box. E pure ieri l’elicottero s’è alzato sull’Olympia delle Tofane per l’americana Wright. Momenti delicati che Deborah Compagnoni, una campionessa totale che sa bene cosa siano gli infortuni, ha vissuto a bordo pista dopo aver fatto testare la sua ultima sfida: diventare stilista e sviluppatrice di una linea per lo sci e la montagna (la collezione Altavia in collaborazione con OVS). Un progetto che si svilupperà fino ai Giochi del 2026 e che Deborah ha voluto disegnare su coordinate che definisce democratiche: «Semplicità, funzionalità, cura dei dettagli tecnici ma anche materiali sostenibili e prezzi più bassi, alla portata di tutti». Quello che invece la valtellinese non vorrebbe vedere in gara.

Deborah, cosa pensa di tutti questi incidenti?

«Per me è tutto legato alla velocità: troppo alta. Con l’evoluzione dei materiali e piste sempre più lisce, preparate alla perfezione si fa troppo forte. Adesso gli uomini superano i 150 all’ora e le donne i 130. A quelle velocità appena fai un errore o una spigolata perdi il controllo e le cadute diventano rovinose. Anche perché non siamo in un circuito di moto, con vien di fuga enormi. In una pista di sci non c’è spazio. L’unica soluzione che vedo è quella di abbassare la velocità».

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