TORINO - In Italia, quando si parla di direttori sportivi il rischio di cadere nella più scontata e becera esagerazione è dietro l’angolo. Il termine preferito per descrivere il colpo di mercato, la cessione onerosa, o la semplice operazione in entrata a parametro zero, è sempre lo stesso: “miracolo”. Un termine abusato e del tutto inappropriato persino quando si racconta la storia di uno come lui.
Dal Chievo al Bologna, passando per l’Atalanta: quando arriva Sartori diminuiscono debiti e monti ingaggi, mentre ad aumentare sono ricavi, investimenti e ambizioni stagionali del club. Nulla di sovrannaturale o imprevedibile, dunque, ma il semplice risultato di un uomo che ha sempre messo il lavoro al primo posto, spesso muovendosi sottotraccia, per poi colpire quando nessuno se lo aspetta.
Sartori a Bergamo diventa "Il Cobra di Lodi"
Non è un caso che a Bergamo Sartori sia diventato “Il Cobra di Lodi”. Tutto ha inizio a Verona, quando il presidente del Chievo Campedelli gli propone di abbandonare il calcio giocato per diventare il nuovo ds della squadra. Sarà lui, insieme a un emergente Luigi Delneri portare il Chievo dai playout di C, alla storica promozione in Serie A con tanto di preliminari di Champions. Barzagli, Legrottaglie, Pellissier e Amauri, solo alcuni dei volti scoperti o rilanciati da Sartori negli anni a Verona. Vere e proprie occasioni di mercato colte al volo, come nel caso di Perrotta, prelevato dal Bari per 3 miliardi di lire e rivenduto poi alla Roma al triplo del prezzo.