Juve-Milan, la finale di Manchester, è stato l’evento col maggiore share della storia italiana esclusa la nazionale e il Festival di Sanremo.
«Venti milioni di spettatori, circa l’80% degli italiani...».
Ha mai avuto ansia da prestazione?
«Certo, come no. Quella è stata la partita più stressante della carriera. Lavoravo per Mediaset, col Milan in finale contro la Juve: un tipo di bacino enorme di utenza. Lì se non ci fossi arrivato con l’esperienza e 25 anni di carriera alle spalle, non me la sarei cavata».
Quale è la telecronaca di cui va più fiero?
«Quel Milan-Juve lì. In rapporto alle difficoltà, è stata la partita che mi ha dato più soddisfazione professionale. Arrivammo in condizioni tremende allo stadio, c’erano 40°, il match andò avanti sino ai rigori».
Sciabolata morbida. Non va. Da dove nascono questi concetti?
«Strada facendo. Per termini che fotografassero la situazione con una o due parole. È inutile essere prolissi. Con ‘mucchio selvaggio’ descrivi perfettamente la bagarre in area su un corner. Se in trenta secondi elimi 5-6 parole e le moltiplichi per cento minuti, tutto è più godibile. Bisogna asciugare, ci sono anche la seconda voce e i bordocampisti».
Siete una squadra.
«L’affiatamento è fondamentale. Io mi sento il regista, il numero 10, deve mettere insieme tutte le componenti».