Juventus, rimpianto Allegri: «Bonucci doveva essere il capitano»

Il tecnico dei campioni d'Italia si racconta nel giorno del suo cinquantesimo compleanno: «Un regalo? La prossima finale di Champions a Kiev»
Juventus, rimpianto Allegri: «Bonucci doveva essere il capitano»© ANSA

TORINO - Mezzo secolo nel pallone per Massimiliano Allegri, che oggi compie 50 anni e ha iniziato a pensare da calciatore già da bambino nella sua Livorno per poi diventare allenatore una volta appesi gli scarpini al chiodo. Un traguardo importante per il tecnico bianconero che si è raccontato in una lunga intervista a ‘Premium Sport’ in cui ha parlato di passato, presente e futuro.

LA CHAMPIONS
«È una competizione bella e affascinante nella quale, acquisendo consapevolezza nei propri mezzi, la Juventus ha fatto un bel passo in avanti in Europa negli ultimi anni. Dispiace solo che pochi abbiano apprezzato le due finali raggiunte in tre anni. In passato c’era riuscita solo la Juventus di Lippi. Con il tempo, però, magari questi risultati verranno rivalutati».

IL FUTURO
«Quale partita vorrei rigiocare tra Berlino, Monaco e Cardiff? Vorrei giocare... Kiev! Per farlo dobbiamo ripartire proprio da Cardiff, ma con rabbia positiva e assolutamente senza ansia. E adesso, magari arriviamo per la terza volta in finale e questa volta la vinciamo».

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LE VOCI SULL’INTERVALLO DI CARDIFF
«Non è successo assolutamente niente e mi sono divertito un sacco quando, quest'estate, sono uscite tante voci fantasiose. A volte inventano delle cose che nemmeno in un film riuscirebbero a raccontare, tanto sono incredibili. A Cardiff avevamo giocato un bel primo tempo e nell’intervallo ero preoccupato solo perché avevo due giocatori zoppi, Pjanic e Mandzukic. Nella ripresa il Real, quando ha capito che poteva schiacciare sull'acceleratore, l'ha fatto come fanno le grandi squadre».

L’ADDIO DI BONUCCI
«Mi è dispiaciuto molto, perché Leo sarebbe stato il futuro capitano della Juventus. Un uomo spogliatoio che nel futuro avrebbe insegnato e trasmesso il dna bianconero. Però ha fatto una scelta e di questo non ne va fatta una colpa a nessuno: né a lui, né alla società e nemmeno all'allenatore».

SU ANDREA AGNELLI
«Il presidente è giovane, ma nonostante l’età ha grandi idee ed è bravo a miscelare la tradizione di una delle famiglie più importanti d’Italia assieme ai suoi progetti per l'estero. Vuole far diventare la Juventus una delle società più grandi a livello mondiale».

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IL RAPPORTO CON I GIOCATORI...
«Mi piace scherzare con loro, ma sempre con rispetto dei ruoli. Le sfide con Pogba? Pensava di vincere sia a basket sia a calcio: magari con le mani sì, ma se pensava di battermi con i piedi... Spero solo non sia andato via per questo, altrimenti per farlo rimanere l'avrei fatto vincere apposta! A ogni modo, nel calcio, chi dice che tutti i giocatori sono uguali è un ipocrita. Prendete Buffon: senza togliere nulla a nessuno, Gigi è un giocatore diverso dagli altri. È così e basta. Credo che abbia un futuro importante a livello dirigenziale, magari in Federazione. È un uomo con cui mi confronto e che in certi momenti ha comunque bisogno del sostegno dell'allenatore».

...E QUELLO CON I TIFOSI
«Perché a fine partita mi infilo negli spogliatoi di corsa, senza passare sotto la curva? Fa parte del mio carattere. Io sono molto timido e mi dà quasi fastidio dare o ricevere dimostrazioni di grande affetto. Preferisco gioire dentro me stesso. Non riesco a essere costruito: come mi vedete, così sono. Ma ai tifosi sono molto legato, anche se a volte non si vede. E sono legatissimo anche alla mia città, Livorno: infatti quando mi tolgo le vesti di allenatore della Juventus, torno a essere "Acciuga", come mi chiamano i livornesi da quando ero ragazzo».

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IL PRIMO CONTATTO CON LA JUVE
«Quella mattina (delle dimissioni di Conte, ndr), quando mi è arrivata la telefonata della Juventus, non riuscivo a capire. Pensavo mi volessero chiedere informazioni su qualche giocatore. Poi la sera sono stato invitato a cena dal presidente Agnelli: mi ha comunicato che cercavano un allenatore e mi ha chiesto se ero disponibile. Ovviamente lo ero: la squadra veniva da tre anni di successi in Italia e credevo avesse ancora qualcosa da dare, specialmente in Europa».

LA CACCIA AL SETTIMO SCUDETTO
«Dico solo che il 7 è un bel numero. I ragazzi ormai hanno un dna vincente e soprattutto c'è una grande disciplina, ci sono delle regole da rispettare. Qualsiasi giocatore che arriva alla Juventus, se può dare otto, alla fine riesce a fare nove».

I SUOI CAMPIONI
«Tevez era un leader silenzioso, ma quando parlava, le sue parole dentro lo spogliatoio erano sempre pesanti. Ibra è un campione straordinario, il problema è che ogni tanto pretendeva che i suoi compagni riuscissero a fare le cose che faceva lui. Io gli dicevo che era impossibile, che molte cose che faceva lui gli altri nemmeno potevano pensarle. Inzaghi? Un giocatore micidiale: quando arrivava la Champions, lui faceva sempre gol».

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LA SCUOLA
«A scuola ci sono andato poco, anzi pochissimo, e questo un po’ mi dispiace: è vero che i mestieri come il mio li impari con la pratica e il sudore, ma la scuola serve per avere una cultura generale. Ho commesso un errore, lo ammetto. Ma una vita senza errori è una vita piatta e a me le cose piatte non piacciono. Sono comunque cambiato, da ragazzo quando facevo il giocatore a oggi che faccio l’allenatore. Molti hanno paura di invecchiare, ma io dico che fortunatamente si invecchia: l’importante è mantenere acceso il fuoco della passione. Se uno ha passione, trasmette anche agli altri la voglia di lavorare. E io, a fare l’allenatore, mi diverto ancora».

LA FIGLIA VALENTINA
«Ogni tanto abbiamo degli scontri, ma è una ragazza molto intelligente: va all’Università, si dovrà laureare, sta già cominciando ad approcciarsi al mondo del lavoro. E spero che presto mi dia anche dei nipotini!».

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TORINO - Mezzo secolo nel pallone per Massimiliano Allegri, che oggi compie 50 anni e ha iniziato a pensare da calciatore già da bambino nella sua Livorno per poi diventare allenatore una volta appesi gli scarpini al chiodo. Un traguardo importante per il tecnico bianconero che si è raccontato in una lunga intervista a ‘Premium Sport’ in cui ha parlato di passato, presente e futuro.

LA CHAMPIONS
«È una competizione bella e affascinante nella quale, acquisendo consapevolezza nei propri mezzi, la Juventus ha fatto un bel passo in avanti in Europa negli ultimi anni. Dispiace solo che pochi abbiano apprezzato le due finali raggiunte in tre anni. In passato c’era riuscita solo la Juventus di Lippi. Con il tempo, però, magari questi risultati verranno rivalutati».

IL FUTURO
«Quale partita vorrei rigiocare tra Berlino, Monaco e Cardiff? Vorrei giocare... Kiev! Per farlo dobbiamo ripartire proprio da Cardiff, ma con rabbia positiva e assolutamente senza ansia. E adesso, magari arriviamo per la terza volta in finale e questa volta la vinciamo».

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