“Una statua per Allegri, tifosi Juve senza pazienza. Tutti contro Chiesa, ma…”

Intervista a Paolo Belli, musicista e super bianconero: “È un momento difficile, ora come mai bisogna amare la squadra”

Il microfono è quello che utilizzerà per il tour che oggi parte a Gallipoli e con il quale porterà nei teatri italiani il suo “Pur di fare commedia”, spettacolo che unisce storie, gag e musica e che da due anni continua a essere un successo. Ma per mezzora, invece che per cantare, Paolo Belli lo usa per parlare della sua Juventus.

Buongiorno Paolo, nonostante l’ultimo periodo è sempre una “storia di un grande amore” come nel tuo inno?

«Assolutamente sì, fortunatamente sì: da quando sono nato e fin tanto che starò al mondo, è stata, è e sarà sempre storia di un grande amore, con tantissimi alti e qualche basso. Ma è proprio quando ci sono i bassi servono fede, passione e amore per la nostra squadra. A me non mancano, grazie a mio papà che nella prima foto che mi ha scattato, mi ha ritratto avvolto in una bandiera bianconera. Ero appena nato. Quindi... Fino alla fine. Pensa, lunedì ero allo stadio e ho comprato la maglia al mio nipotino piccolino con il suo nome dietro e quando gliel’ho data gli si sono accessi gli occhi ed erano gli stessi che avevo io quando ho visto Anastasi la prima volta».

Dai, ora che ci siamo scaldati non può svicolare: Allegri.

«Guarda... Chiaramente tutti i giorni ci pensi, perché quando pensi alla Juve ormai pensi all’Allegri out o all’Allegri in. Allora, io penso che dobbiamo fare un monumento a questa persona, perché soprattutto nell’ultima stagione se non c’era lui a tenere la barra dritta mentre ce ne facevano passare di ogni... E penso anche che stia facendo un grande lavoro perché sta investendo sul futuro, quindi, se lui ha ancora voglia, come mi sembra, credo che si stia meritando la conferma, ma spero che abbia anche la voglia di farci vedere il bel calcio che avevo intravisto all’inizio della stagione, quando la Juventus stava bella alta e pressava. Io sono juventino, quindi mi piace vincere, però, vedere un bel gioco resta consolatorio quando perdi. Quindi, in definitiva, mi auguro che resti, ma che mi faccia anche godere. Poi quello che è successo nelle ultime tre partite non è mica solo colpa sua».

È impressionante quanto sia divisivo il personaggio.

«Noi juventini non abbiamo pazienza. Forse perché siamo abituati a vedere squadroni e campioni, ma questa volta nessuno ha comprato Platini, Zidane o Nedved. Quindi, ogni tanto, penso che il suo “Calma Calma” che rivolge ai giocatori durante la partita, dovrebbe essere anche rivolto ai tifosi, perché ci vorrebbe un po’ più di pazienza».

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Se la Juventus fosse un’orchestra come la organizzeresti?

«Io in teatro per questo tour ho otto musicisti sul palco, praticamente una formazione di “calciotto” e cerco di essere il loro allenatore. Non mi reputo un grande musicista, ma ho la capacità di far emergere il talento di ognuno, di motivarli perché stiano uniti e compatti, perché mettano attenzione nelle parti soliste, così come allo spartito generale. Proprio come dovrebbe essere in una squadra di calcio. Non a caso prima di salire sul palco faccio sempre un discorso che inizia così: “ragazzi, oggi dobbiamo vincere, non importa come ma dobbiamo portare a casa i tre punti”. Che per noi è mandare a casa il pubblico con un bel sorriso e la sensazione di aver passato una bella serata».

Cosa pensi della situazione di Chiesa?

«Allora. Anche io ho le prime donne e i fuoriclasse, che vorrebbero fare sempre l’assolo, ma ogni tanto devi farli giocare per l’orchestra. Ma l’assolo un po’ più lungo va sempre conquistato durante la settimana, durante le prove. Insomma, per uscire dalla metafora, io vorrei che Chiesa giocasse sempre, ma se fossi l’allenatore, prima di dargli 90 minuti in campo, vorrei analizzare bene la sua settimana di allenamenti e la sua condizione. E anche gli avversari, perché, per esempio, contro l’Udinese lo hanno marcato sempre in tre. Tutti ad accusare Chiesa e nessuno a elogiare Cioffi che lo ha saputo ingabbiare».

A quale giocatore di questa Juventus ti sei affezionato di più?

«Danilo. Danilo è un fuoriclasse, perché ha la serenità, la saggezza di quelli esperti. Dovrei anche citare Rabiot che mi piace molto ed è cresciuto in modo esponenziale. Ma dico Danilo perché mi sento proprio rappresentato da Danilo».

Danilo è il bassista di questa Juventus.

«Bravo! Esatto... Il basso rappresenta le fondamenta della musica. Pensa che nello spettacolo ho proprio un passaggio in cui parlo dell’importanza del basso. E Danilo è come il basso, non spicca, ma è essenziale per il funzionamento di tutto».

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Vlahovic: tema libero.

«A me piace e poi non potrei parlarne male perché è l’idolo del mio nipotino che dorme sotto un suo poster. La maglia che gli ho comprato lunedì ha il suo nome, ma il numero 9, perché lui vuole tutto Vlahovic. Parlando seriamente, per me è fortissimo e ha 24 anni, margini enormi di crescita e deve stare alla Juventus».

Bacchetta magica: puoi scegliere un giocatore del ciclo dei 9 scudetti da innestare nella Juventus di quest’anno. Chi scegli?

«Del Piero. Perché... è Del Piero, cioè la Juve. Poi, cavolo, è una domanda difficile. Se fosse stata su tutti i giocatori della Juventus forse avrei detto Anastasi, forse Platini».

Oggi parte la tournée di “Pur di fare commedia”. Alcune date coincidono con le partite della Juventus, come fai?

«Allora... io ho il gobbo davanti, che non è altro che un monitor. Quindi in certe situazioni, beh diciamo che non scorrono i testi, ma potrebbe esserci la partita (ride). Domani per esempio vado in scena quando gioca la Juventus, se la gente mi vede con gli occhi bassi forse non è per leggere il testo della canzone (ride). E se quando canto mi parte una nota un po’ più alta potrebbe essere successo qualcosa in campo. Scherzi a parte, io a volte ho spostato delle date perché c’erano delle grandi partite. E quando non sono in tour mia moglie lo sa e mi chiede sempre: questo fine settimana usciamo il sabato o la domenica? L’altro giorno sa già cosa devo fare».

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Il microfono è quello che utilizzerà per il tour che oggi parte a Gallipoli e con il quale porterà nei teatri italiani il suo “Pur di fare commedia”, spettacolo che unisce storie, gag e musica e che da due anni continua a essere un successo. Ma per mezzora, invece che per cantare, Paolo Belli lo usa per parlare della sua Juventus.

Buongiorno Paolo, nonostante l’ultimo periodo è sempre una “storia di un grande amore” come nel tuo inno?

«Assolutamente sì, fortunatamente sì: da quando sono nato e fin tanto che starò al mondo, è stata, è e sarà sempre storia di un grande amore, con tantissimi alti e qualche basso. Ma è proprio quando ci sono i bassi servono fede, passione e amore per la nostra squadra. A me non mancano, grazie a mio papà che nella prima foto che mi ha scattato, mi ha ritratto avvolto in una bandiera bianconera. Ero appena nato. Quindi... Fino alla fine. Pensa, lunedì ero allo stadio e ho comprato la maglia al mio nipotino piccolino con il suo nome dietro e quando gliel’ho data gli si sono accessi gli occhi ed erano gli stessi che avevo io quando ho visto Anastasi la prima volta».

Dai, ora che ci siamo scaldati non può svicolare: Allegri.

«Guarda... Chiaramente tutti i giorni ci pensi, perché quando pensi alla Juve ormai pensi all’Allegri out o all’Allegri in. Allora, io penso che dobbiamo fare un monumento a questa persona, perché soprattutto nell’ultima stagione se non c’era lui a tenere la barra dritta mentre ce ne facevano passare di ogni... E penso anche che stia facendo un grande lavoro perché sta investendo sul futuro, quindi, se lui ha ancora voglia, come mi sembra, credo che si stia meritando la conferma, ma spero che abbia anche la voglia di farci vedere il bel calcio che avevo intravisto all’inizio della stagione, quando la Juventus stava bella alta e pressava. Io sono juventino, quindi mi piace vincere, però, vedere un bel gioco resta consolatorio quando perdi. Quindi, in definitiva, mi auguro che resti, ma che mi faccia anche godere. Poi quello che è successo nelle ultime tre partite non è mica solo colpa sua».

È impressionante quanto sia divisivo il personaggio.

«Noi juventini non abbiamo pazienza. Forse perché siamo abituati a vedere squadroni e campioni, ma questa volta nessuno ha comprato Platini, Zidane o Nedved. Quindi, ogni tanto, penso che il suo “Calma Calma” che rivolge ai giocatori durante la partita, dovrebbe essere anche rivolto ai tifosi, perché ci vorrebbe un po’ più di pazienza».

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