Com’è andata?
"Che l’ho finita e ho iniziato subito a organizzare la seconda, la prima “vera”. Ho trovato uno sponsor (OnlyFans appunto, ndr) e una navigatrice, Giulia Maroni, per fare un equipaggio tutto femminile. Non è andata come volevamo, perché mi sono ritirata a quattro tappe dalla fine per problemi alla macchina e perché mi sono ammalata, ma ho capito che era quello che volevo fare come lavoro. Sì, io che ho studiato tutta la vita per prendere in mano l’azienda di famiglia. Poi però è arrivata la Dakar…".
Che rapporto ha con questo mitico raid?
(sorride) "Odio e amore, come da piccola quando seguivo papà e zio… Odio il freddo di notte, al bivacco. Ma amo guidare sulle dune proprio di notte".
Alla terza edizione che ambizioni ha?
"Intanto finirla, anche se da buona professionista (lo è diventata la scorsa stagione, arrivando quarta nel Mondiale Rally Raid, ndr) dico che non bisogna avere ambizioni. L’anno corso pensavo di essere pronta ma non lo ero, così ho lavorato su tutti i dettagli".
Quali?
"Intanto ho capito che come navigatore avevo bisogno di un professionista della Dakar. Ho contattato Sergio Lafuente, uno che ne ha corse quindici. Abbiamo provato in Marocco e ci siamo trovati bene e in dicembre ci siamo allenati una settimana in Cile su terreni simili a quelli che troveremo qui in Arabia. Poi ho lavorato su me stessa. Ho un personal trainer che mi ha allenata sei volte la settimana in palestra focalizzando forza e cardio come se fosse al volante. E un mental coach, perché alla Dakar ho imparato che si vince prima con la testa".
Per guidare otto-dieci ore?
"Per affrontare tutto questo in due settimane. Devi gestire le emozioni di una gara che ti fa vivere inevitabilmente giorni belli e giorni brutti e giorni ancora più brutti. Ma devi restare sempre concentrata e portare a casa la macchina. È la prima cosa che mi hanno detto e ridetto come un mantra: proteggi la macchia, risparmia la macchina".