Nardi, il Giotto del tennis: l'apprendista diventa maestro

Luca batte Djokovic, il suo idolo. Fortuna? No, bravura. Adesso sulla sua strada c’è Paul, un avversario difficile. Nole verso il pensionamento?

Quando succede, non ci sono quasi parole per dirlo. Niente come la vittoria e la sconfitta sanno intrecciarsi in un insieme indissolubile, a indicare che il senso della vita non procede mai in una sola direzione. Rudyard Kipling volle separarle, in una poesia famosa (If) che si è poi incastonata nella storia di Wimbledon, ma lo fece solo per suggerire che entrambe vadano conosciute e temute “come due impostori”. Ma basta vincere, in fondo, per essere certi che qualcuno stia conoscendo l’altro aspetto di questa indissolubilità. E se la vittoria si mostra nei termini del trionfo, significa che è il momento di offrire soccorso a chi giace sotto le macerie.

Prova d'autore

Così, se fino all’altro ieri il romanzo di Luca Nardi appariva invitante e meritevole di lettura e di ricordo, ora è perfetto, limpido ed essenziale come una prova d’autore, emozionante come uno spartito di Mozart. La vittoria del giovane italiano su Novak Djokovic, tanto bella quanto inaspettata, non è casuale, e rende a propria immagine e somiglianza la sconfitta del numero uno, anch’essa inaspettata, ma nient’affatto fortuita. E come nell’intreccio dei romanzi più importanti, l’evento va a saldare le parti di un racconto che in pochi giorni ha posto a contrasto tutto il mondo del giovane azzurro. La fortuna e le esagerazioni che da essa prendono slancio. L’attesa che si allunga e i dubbi che ne conseguono. I sacrifici che sembrano non bastare mai. La storia da nulla di un apprendista, opposta a quella onusta di gloria e trofei di un campione. Fino alla deposizione di un re, da parte di un figlio (cresciuto sotto le insegne di un poster di Nole ancora appeso nella sua stanza) che non sapeva nemmeno di avere. Come Giotto, il pittore, che il Vasari descrive mentre mostra al maestro Cimabue di essergli ormai superiore nella tecnica, disegnando a mano una “O” perfetta, anche Giotto il tennista è ricorso all’abilità tecnica e alla naturalezza del suo tennis, per impossessarsi della vittoria. Diventata chiara, persino inevitabile, con il passare dei minuti proprio grazie alla sapienza che il ragazzo ha messo in campo. Luca da Pesaro, che gli amici del Baratoff, il circolo nel quale è cresciuto, chiamavano Giotto, per la rotondità dei colpi e la profondità delle misure.
 

Il più giovane

Poi il tennis l’ha fatto diventare Lucky, il fortunato. È successo appena pochi giorni fa, quando Nardi è stato chiamato al posto dell’argentino Etcheverry, numero 30 nella lista dei più forti. Fortunato, eccome… Il posto che gli è stato lasciato muoveva da un bye e ha depositato il nostro ragazzo, sconfitto di un niente nelle qualifiche da Goffin, già al secondo turno. Ma poi, che c’entra la fortuna se batti il cinese Zhang numero 50, e dopo anche Djokovic? Nei panni del lucky loser, il perdente fortunato, si nascondeva un futuro campione? Questo è tutto da vedere, anche se Luca ha sempre dimostrato di saper vincere, negli ITF tre titoli su quattro finali, nei Challenger cinque su sette. Di nuovo c’è che Nardi sconfina finalmente nella Top 100 (da numero 123 prima di Indian Wells) e va a occupare la poltrona (bè, la poltroncina) numero 95. E diventa il nono italiano a battere in Era Open il numero uno. Cominciò Barazzutti con Nastase, poi Panatta con Connors, Pozzi con Agassi, Volandri con Federer, Fognini con Murray, e ancora Sonego con Djokovic, Sinner con Alcaraz e Musetti (e Sinner) con Djokovic. Ma Nardi è il più giovane a esserci riuscito: 20 anni, 7 mesi, 5 giorni, proprio come a 14 anni fu il più giovane a ottenere punti validi per il ranking.
 

Certezze...incerte

Per Novak, forse prossimo a diventare un re deposto, la sconfitta più difficile. Difficile da comprendere, intendo… Ne ha avute altre, nella sua carriera, non molte ma alcune memorabili. Contro Vesely a Montecarlo, contro Chung e Istomin in Australia, con Sam Querrey a Wimbledon… Questa però fa male più di tutte. E non perché a infliggergliela sia stato Nardi, l’illustre sconosciuto. Ma perché tutte le certezze di una volta gli stanno franando addosso. Era l’uomo del colpo giusto al momento giusto e Sinner l’ha battuto allo stesso modo, in Davis, oscurandolo sui tre match point a suo favore. Era l’atleta cui bastavano due brevi corse per ritrovare la forma, e invece sbanda da un torneo all’altro. Era l’esegeta della forza mentale, e non sa che pesci prendere. Era Tiramolla, ora non più. L’età si fa sentire, ed è ovvio che sia così. Ma pesano di più le sconfitte subite da Alcaraz a Wimbledon, e da Sinner in forma industriale da novembre a oggi.

Incubo Italia

Se queste sono le premesse, è naturale attendere il pensionamento. Non manca molto, questo lo sa anche lui. Ma forse è il caso di attendere ancora un po’, di rivederlo alla prova di uno Slam, quando tensione e adrenalina potrebbero risanarlo e riconsegnarlo a un format più vicino a quello dei giorni migliori. Sampras attese due anni per tornare a vincere un torneo, ma lo fece agli US Open e contro Agassi. Il dato insolito riguarda il rapporto tra Nole e gli italiani, quelli che non lo battevano mai. Da qualche tempo lo stanno facendo a pezzi. Nel 2023 Djokovic ha perso 7 match, tre contro gli azzurri. E quest’anno va peggio, 11 incontri, tre sconfitte, di cui una con Sinner e una con Nardi. Luca attende Paul, altro match all’apparenza impossibile. Ma nel suo romanzo Nardi spiega anche come niente sia realmente inconcepibile. Sta a lui decidere se il libro si chiude con la vittoria su Nole, o se vi saranno nuove pagine per nuove avventure. Tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce, scrisse Lev Tolstoj. Abbiate pazienza… Nardi lo sta scoprendo adesso.
 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...