© ANSATORINO - Trenta luglio 1945: con ancora negli occhi i giorni della Liberazione di aprile, nasce Tuttosport, voce nuova e libera di una nuova Italia libera. Foglio bisettimanale, inizialmente. Poi con uscita trisettimanale già dopo sei mesi di vita, quindi quotidiano, dal 1951. E, nel 1951, da due anni il nuovo direttore era diventato Carlo Bergoglio, Carlin: il 4 maggio del 1949 il fondatore e primo direttore di Tuttosport, Renato Casalbore, aveva perso la vita insieme con il Grande Torino nella tragedia di Superga. Nella vita come nel dramma, all’alba di Tuttosport come nel tramonto di Casalbore e di quella meravigliosa squadra granata, nei primi dieci anni di vita del nostro giornale il connubio con il Grande Torino fu l’emblema più potente e per questo indimenticabile. Quando Tuttosport nacque, a Torino, il Grande Torino aveva già vinto una Coppa Italia e uno scudetto, nel 1943, e si preparava a inanellarne altri quattro, uno dopo l’altro, attirando su di sé l’interesse calcistico di tutto il mondo. Seguito a ruota dall’amore per il ciclismo e per le imprese in specie di Coppi e Bartali, Tuttosport e il Grande Torino formarono idealmente in quegli anni un binomio strettissimo, che oggi possiamo definire per sempre.
Ne parliamo con Franco Ossola, figlio del campione del Grande Torino perito a Superga, nato otto mesi dopo la tragedia, nel gennaio 1950, poi brillante protagonista dell’atletica leggera italiana ai tempi di Mennea all’inizio degli Anni Settanta, stimato architetto, cultore della storia granata, storico dello sport, meticoloso studioso e ricercatore da mezzo secolo, autore di quasi una ventina di libri sulla storia del Torino e in particolare sull’epopea del Grande Torino. «Sì, condivido», ci ha subito risposto, all’inizio della chiacchierata. «Davvero la storia di Tuttosport si intreccia con quella granata in modo unico, straordinario. La vita e la gloria, la tragedia e la sua tristissima condivisione, in tutti i sensi. E quanto al vostro fondatore morto al fianco della squadra, al fianco di mio papà, in quel terribile schianto, dovete sapere che mia mamma Piera mi parlava spesso di Renato Casalbore. E quando lo ricordava ne elogiava sempre con un bel trasporto lo stile, l’educazione, non soltanto le capacità professionali».
Renato Casalbore aveva 58 anni quando morì nel 1949. Era nato a Salerno. Agli albori della sua attività di giornalista, dapprima scrisse da collaboratore su la “Stampa Sportiva”, poi allo “Sport del Popolo”. Quindi il lungo periodo alla “Gazzetta del Popolo”. Infine, nel 1945, la fondazione di Tuttosport.
«Mia mamma ne parlava sempre come di un uomo dai valori nobili. Una figura umanamente e moralmente alta. Bravo e appassionato nel suo mestiere: era risaputo. Ma anche un uomo brillante e di straordinaria eleganza. Un bell’ingegno. In base ai racconti di chi lo ha conosciuto, alla sua carriera e a quanto poi ho letto a sua firma, i suoi articoli, mi sono fatto l’idea che, idealmente, Tuttosport non potesse avere un miglior padre fondatore. Ho un’immagine di lui molto nitida nella memoria, grazie a racconti di mia madre. Io poi ho avuto il piacere di conoscere la vedova e la figlia di Renato, durante le mie prime ricerche… ormai diversi decenni fa… sulla storia del Grande Torino. Come sapete, mio papà non mi ha mai potuto tenere in braccio neanche una volta, essendo io nato dopo la sua morte, purtroppo. E quindi studiare la storia del Grande Torino, della Torino di quegli anni e quindi anche di Tuttosport significa per me conoscere meglio le mie radici».
A casa vostra, Tuttosport era un’abitudine. Suo papà lo leggeva costantemente, come tutti i giocatori del Grande Torino.
«Sì, certo. Dopo la fondazione del giornale, siccome dedicava sempre un bello spazio alla squadra granata e al calcio in generale, e poi aveva belle firme, giornalisti bravi e importanti, Tuttosport cominciò a entrare nella nostra famiglia. Infatti ancora adesso in casa abbiamo varie copie del giornale di quegli anni».
