Italrugby, questo è solo l'inizio: Quesada ha cambiato il mondo azzurro

Il ct ha rinnovato metodo di lavoro e volto al gruppo. E ci sono margini di crescita e alternative
Italrugby, questo è solo l'inizio: Quesada ha cambiato il mondo azzurro© EPA
Gira un meme, diventato virale dopo il successo dell’Italia sulla Scozia: una scena di una sitcom americana di qualche anno fa, in cui un improbabile Danny De Vito, incredulo, alza il braccio dopo aver sconfitto un wrestler professionista, nel tripudio generale. È più o meno l’impressione che gli avversari hanno quasi sempre avuto nei confronti degli azzurri, specialmente nel cambio generazionale degli ultimi anni.
Ma la barzelletta ormai non fa più ridere nessuno: provate a chiedere ai quasi 80 mila del Millennium Stadium di Cardiff, costretti a festeggiare una meta ormai inutile a tempo scaduto pur nella consapevolezza del cucchiaio di legno per un Galles tra i più confusi e deprimenti di sempre.

Il metodo Quesada

E se due anni fa la vittoria della selezione guidata dall’allora ct Crowley sempre a Cardiff all’ultima giornata era sembrata tanto rocambolesca quanto casuale, quella di ieri è la certificazione di una inversione di tendenza: il 18-0 con cui gli azzurri hanno silenziato il Millennium Stadium, ora Principality Stadium per necessità di sponsor, è come un esame di laurea passato a pieni voti.

È il trionfo del metodo Quesada, il ct che in qualche mese di lavoro ha trasformato la mentalità della squadra azzurra: così il Sei Nazioni è diventato davvero a sei. E non ascolteremo più i soliti soloni di mezza Europa chiedere di tornare a Cinque o di sostituire la nostra Nazionale con un’altra più meritevole.

Il miglior risultato dell’Italia nel torneo avrebbe potuto essere ancora più netto se il palo non si fosse messo in mezzo tra Garbisi e la vittoria sulla Francia: avevamo chiuso la competizione con due successi all’attivo solo nel 2013, con la Nazionale di Berbizier, e nel 2017 con Brunel da ct. Ma questa Italia ha qualcosa in più delle altre, tiene “huevos”, per dirla nella lingua del ct Quesada: frutto di un lavoro straordinario, in tre mesi.

È Nacho Brex l'uomo copertina

L’Italrugby non ha solo personalità e coraggio, ma pure organizzazione, fluidità di gioco, una struttura finalmente all’altezza del Sei Nazioni. E l’argentino ha risolto i due difetti atavici del nostro XV: il numero esagerato di penalità e la mancanza di continuità e resistenza negli 80 minuti. Se Quesada è il condottiero del rinascimento azzurro, l’uomo copertina è Nacho Brex, il trequarti centro di Buenos Aires italiano dal 2020: per due volte man of the match, prima con la Scozia e poi con il Galles.
Ma questa Italia ha tanti volti da copertina: la meta di Monty Ioane è un capolavoro alla mano da grande squadra, l’esultanza di Pani in versione Cristiano Ronaldo è già iconica. Ma la vertiginosa ascesa degli azzurri passa anche dal pacchetto di mischia in cui dominano il seconda linea Ruzza e il pilone Fischetti.

Il mondiale in Francia è acqua passata

È l’Italia di Cannone, ma anche di chi prende il suo posto: come Ross Vintcent, classe 2002, autore di un placcaggio al limite del prodigioso sulla linea di meta, segnale che c’è un roseo futuro azzurro, anche tra gli avanti. È l’Italia di Garbisi che, al netto di qualche imprecisione, ha dimostrato di essere uno specialista dal piede affidabile con il mancino e di sapersi caricare squadra e responsabilità sulle spalle da vero numero 10. È l’Italia che può permettersi il lusso di vincere anche senza il talento di Ange Capuozzo. 
Il disastroso Mondiale d’autunno in Francia sembra lontano anni luce, come un incubo sbiadito: sembra tutta un’altra squadra. Ma il percorso è solo all’inizio e nel futuro ci sono ampi margini di crescita: altro che barzelletta... E quel meme, con Danny De Vito a interpretare l’Italia che vince senza sapere come e perché, non avrà più alcun senso e non farà più ridere.
 

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