Rocca: "Gli uomini si allenino con Goggia e Brignone"

L’ultimo italiano ad aver vinto la 3Tre a Campiglio dà consigli a un gruppo in difficoltà: "Ai nostri ragazzi mancano un traino e il confronto Sofia e Fede si spingono e sciano come trattori"

Vittoria, una delle sue figlie predilette perché conquistata in casa, sul mitico Canalone Miramonti, è ormai diventata maggiorenne. Sono passati 18 anni dal trionfo di Giorgio Rocca a Campiglio: 12 dicembre 2005, la seconda della cinquina consecutiva in slalom che faceva sognare un’Olimpiade d’oro a Torino 2006. L’ultima di un italiano nella 3Tre, che stasera festeggia la 70ª edizione sperando che Alex Vinatzer e compagnia imitino Dominik Paris che qualche giorno fa ha messo fine a un’astinenza pluriventennale (Ghedina nel 2001) in Val Gardena. In mezzo c’è stato il buio (rumoroso) dei giganti dell’Alta Badia e un confronto impietoso con la Valanga Rosa. Di questo parliamo con il valtellinese, che stasera scenderà con una telecamera dietro l’apripista e intratterrà il pubblico con Alberto Tomba. Serial winner che piacevano, esaltavano. E che all’Italia servirebbero. Giorgio anche per le doti manageriali, che l’hanno portato a costruire un’Academy di successo in ben sei località rinomate: St.Moritz, Livigno, Crans Montana, Campiglio, Cortina e da quest’anno Courchevel.

Giorgio, partiamo da quello che funziona: le donne.
«Le ho viste a St.Moritz, dov’ero per un evento Armani. Sono molto brave, ma soprattutto ho notato che c’è una competizione interna molto bella, un modo rilassato e sano di sfidarsi quotidianamente. Anni fa la rivalità tra Goggia e Brignone era limitante, ora tiene molto alta la loro voglia di competere, di migliorare. Vincere, insomma».

Passiamo a quello che non funziona: gli uomini.
«Ecco, tra loro tutto questo non c’è. Mancano atleti forti che si spingano tra loro. Anche quando vincevo io ero solo, poi sono arrivati Manni (Moelgg, ndr), Razzo (Giuliano Razzoli, ndr). In tutti gli ambienti serve un traino, ma allo stesso tempo se non si danno da fare...».

In Badia pochi risultati e tante polemiche. E i tecnici sono contenti per i progressi di Vinatzer in gigante...
«Mah, anch’io facevo gigante, ma se lavori tanto per una top 15... In quella specialità non può vincere, in slalom invece sì, anche se non c’è ancora riuscito. Diciamo che Campiglio può essere un’occasione e magari qualcosa scatta e si muove. Lo spero».

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Cosa manca ad Alex?
«La continuità. Lo vedo ancora pasticciare tanto, fatica a interpretare le gare. Lui stesso lo ammette, facendo spesso autocritica. Per questo mi sta simpatico, ma in questi anni non ha cambiato il modo di sciare, patisce il “segno”. A Vinatzer manca quell’abilità, il sapersi adattare a qualsiasi tracciato e condizione della neve. La scelta e messa a punto del materiale. Per tutto questo serve più esperienza, ma ormai bazzica la Coppa da diversi anni. Però ci sono un sacco di cose che non capisco».

A cosa si riferisce?
«Per me gli italiani si allenano troppo in condizioni perfette, sul liscio e duro. Ai miei tempi con Claudio (l’allenatore e poi ct Ravetto, ndr) sciavamo in tutte le condizioni, anche le peggiori proprio per imparare a gestire tutto. Allenarsi sulle buche e sul molle aiuta ad essere più bravi. E ci sono altri dettagli secondo me trascurati».

Quali?
«Nei giorni scorsi qui a Campiglio ho visto i bulgari allenarsi sul Canalone Miramonti prima che venisse chiuso per la Coppa, non gli italiani. Perché? Prendere confidenza con il pendio e con la neve in un appuntamento così fondamentale, nella gara di casa, sarebbe stato importante. Poi davanti ci sono sempre gli stessi, ma se non si lavora come loro...».

Ne fa una questione tecnica?
«Sì, vedo troppa differenza in pista. Penso a Odermatt, che ha un modo di sciare nuovo. Rende tutto semplice e sicuro. Va forte senza fare fatica perché è sempe a tempo. E in più in questo modo rischia meno di farsi male. In parole semplici scia in modo economico molto sopra i piedi. Si inclina poco a centro curva e dà continuità al movimento. Per questo sembra che non faccia fatica».

Sta parlando di un fenomeno alla Stenmark, Tomba, Hirscher...
«I fenomeni si studiano e si copiano. E dietro alle loro prestazioni c’è un lavoro enorme, non pensiate che sia tutta madre natura o cromosomi. E poi basta fare un confronto...».

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Quale?
«Ho visto la stessa sciata in Brignone e Goggia, che ha fatto e sta facendo grandi progressi tecnici sotto questo punto di vista. Federica e Sofia sono dei trattori, nel senso che sono sempre con le ruote sulla neve e in trazione, sempre attive sul terreno, non si fanno sbattere a destra e sinistra».

Come si vedeva negli azzurri sulla Gran Risa...
«La dimostrazione che servono le qualità, ma anche la giusta attitudine e voglia di lavorare per continuare a migliorare. La chiave dello sci moderno è la stabilità. Prendete la Shiffrin... Lei ha anni scia con i piedi sotto, come si dice. Non li allontana dal corpo, non s’inclina».

Nonostante il momendo magico di Brignone e Goggia sembra avere la Coppa già in mano.
«Oltre alle qualità tecniche e motivazionali, oltre a una squadra dietro che lavora per lei, Mikaela ha trovato serenità con una situazione sentimentale che l’aiuta in tutto. Star bene ti aiuta ad allenarti meglio. E poi lavorare in estate e autunno con Kilde le ha dato una marcia in più. D’altronde lo diceva sempre anche la Vonn, che voleva allenarsi e confrontarsi il più possibile con gli uomini. E questa è un’altra cosa che non capisco dell’Italsci».

Ovvero?
«Siamo in crisi nel gigante? Perché non organizzano allenamenti con Brignone, Bassino, Goggia? Deborah (Compagnoni, ndr) si allenava con Alberto (Tomba) allo Stelvio. Secondo me ora servirebbe più ai ragazzi. Lo dico: credo che Federica in un giro con il cronometro non prenderebbe così tanto dai nostri ragazzi...».

Così pessimista?
«Secondo me è un dato di fatto. Prendete Della Vite. Mi piace un sacco, ma in squadra gli manca il confronto con un livello superiore. E di bravi ne abbiamo pochi, troppo pochi».

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Vittoria, una delle sue figlie predilette perché conquistata in casa, sul mitico Canalone Miramonti, è ormai diventata maggiorenne. Sono passati 18 anni dal trionfo di Giorgio Rocca a Campiglio: 12 dicembre 2005, la seconda della cinquina consecutiva in slalom che faceva sognare un’Olimpiade d’oro a Torino 2006. L’ultima di un italiano nella 3Tre, che stasera festeggia la 70ª edizione sperando che Alex Vinatzer e compagnia imitino Dominik Paris che qualche giorno fa ha messo fine a un’astinenza pluriventennale (Ghedina nel 2001) in Val Gardena. In mezzo c’è stato il buio (rumoroso) dei giganti dell’Alta Badia e un confronto impietoso con la Valanga Rosa. Di questo parliamo con il valtellinese, che stasera scenderà con una telecamera dietro l’apripista e intratterrà il pubblico con Alberto Tomba. Serial winner che piacevano, esaltavano. E che all’Italia servirebbero. Giorgio anche per le doti manageriali, che l’hanno portato a costruire un’Academy di successo in ben sei località rinomate: St.Moritz, Livigno, Crans Montana, Campiglio, Cortina e da quest’anno Courchevel.

Giorgio, partiamo da quello che funziona: le donne.
«Le ho viste a St.Moritz, dov’ero per un evento Armani. Sono molto brave, ma soprattutto ho notato che c’è una competizione interna molto bella, un modo rilassato e sano di sfidarsi quotidianamente. Anni fa la rivalità tra Goggia e Brignone era limitante, ora tiene molto alta la loro voglia di competere, di migliorare. Vincere, insomma».

Passiamo a quello che non funziona: gli uomini.
«Ecco, tra loro tutto questo non c’è. Mancano atleti forti che si spingano tra loro. Anche quando vincevo io ero solo, poi sono arrivati Manni (Moelgg, ndr), Razzo (Giuliano Razzoli, ndr). In tutti gli ambienti serve un traino, ma allo stesso tempo se non si danno da fare...».

In Badia pochi risultati e tante polemiche. E i tecnici sono contenti per i progressi di Vinatzer in gigante...
«Mah, anch’io facevo gigante, ma se lavori tanto per una top 15... In quella specialità non può vincere, in slalom invece sì, anche se non c’è ancora riuscito. Diciamo che Campiglio può essere un’occasione e magari qualcosa scatta e si muove. Lo spero».

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