Cosa manca ad Alex?
«La continuità. Lo vedo ancora pasticciare tanto, fatica a interpretare le gare. Lui stesso lo ammette, facendo spesso autocritica. Per questo mi sta simpatico, ma in questi anni non ha cambiato il modo di sciare, patisce il “segno”. A Vinatzer manca quell’abilità, il sapersi adattare a qualsiasi tracciato e condizione della neve. La scelta e messa a punto del materiale. Per tutto questo serve più esperienza, ma ormai bazzica la Coppa da diversi anni. Però ci sono un sacco di cose che non capisco».
A cosa si riferisce?
«Per me gli italiani si allenano troppo in condizioni perfette, sul liscio e duro. Ai miei tempi con Claudio (l’allenatore e poi ct Ravetto, ndr) sciavamo in tutte le condizioni, anche le peggiori proprio per imparare a gestire tutto. Allenarsi sulle buche e sul molle aiuta ad essere più bravi. E ci sono altri dettagli secondo me trascurati».
Quali?
«Nei giorni scorsi qui a Campiglio ho visto i bulgari allenarsi sul Canalone Miramonti prima che venisse chiuso per la Coppa, non gli italiani. Perché? Prendere confidenza con il pendio e con la neve in un appuntamento così fondamentale, nella gara di casa, sarebbe stato importante. Poi davanti ci sono sempre gli stessi, ma se non si lavora come loro...».
Ne fa una questione tecnica?
«Sì, vedo troppa differenza in pista. Penso a Odermatt, che ha un modo di sciare nuovo. Rende tutto semplice e sicuro. Va forte senza fare fatica perché è sempe a tempo. E in più in questo modo rischia meno di farsi male. In parole semplici scia in modo economico molto sopra i piedi. Si inclina poco a centro curva e dà continuità al movimento. Per questo sembra che non faccia fatica».
Sta parlando di un fenomeno alla Stenmark, Tomba, Hirscher...
«I fenomeni si studiano e si copiano. E dietro alle loro prestazioni c’è un lavoro enorme, non pensiate che sia tutta madre natura o cromosomi. E poi basta fare un confronto...».