Pelé, come i Beatles: lui lo ha fatto prima. Resterà il nostro Re

Dribblando la sterile discussione su chi sia o sia stato il più grande di tutti i tempi, si può dire che il calcio ha comunque avuto un solo Re: Edson Arantes do Nascimento. Il quale, proprio come fanno i veri re, ha regnato con un altro nome: Pelé. Litigate pure per decidere se in realtà Maradona sia stato più forte, se lo sia Messi o chiunque altro, tanto l’icona del calcio di tutti i tempi e per tutti i tempi resta O Rei. Forse perché è stata la prima, di icona, il primo a essere davvero globale. O forse perché il suo calcio è stato favola più che romanzo, poesia più che cronaca. Pelé è stato e rimarrà IL calcio per tutti, anche per quelli che non l’hanno mai visto giocare e lo hanno studiato sui libri, sbirciato su YouTube e si sono fatti ispirare da quel capolavoro di emozioni che è “Fuga per la vittoria”. Nel miglior film sul calcio di tutti i tempi Pelé incarna l’idea di pallone dei bambini che iniziano a giocare, immaginando azioni fantastiche che si concludono sempre con una rovesciata.

Pelé, la sintesi del calcio

Pelé è stato il primo a riassumere in sé tutto quello che deve essere il calcio, cioè l’unione di opposti: potenza e leggerezza, fantasia e rigore, gioia e dolore. Proprio un grande dolore, il dolore di un’intera Nazione, ha partorito il campione più campione di sempre. Pelé non ha ancora compiuto dieci anni quando il Brasile perde la finale del Mondiale 1950 al Maracanã, provocando il più immane lutto collettivo che la storia dello sport ricordi. Fra le lacrime generali, c’è un bambino che promette a se stesso e al suo Paese che vendicherà quell’onta. E ci riuscirà, non ancora maggiorenne, otto anni dopo, in Svezia, ripetendosi altre due volte nel 1962 (Cile) e 1970 (Messico). Ha segnato quindici anni di calcio e ispirato decine di generazioni, è stato l’ambasciatore universale, è stato il punto di riferimento per qualunque calciatore al mondo: dal ragazzino al parco che si sente dire «Ma chi ti credi di essere, Pelé?», fino a Diego Armando Maradona, al quale i tifosi del Napoli avevano dedicato un coro che lo paragonava proprio a Pelé.

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La seconda vità di Pelé

È stato anche un politico, nella sua seconda vita. C’è perfino una legge che porta il suo nome nel codice civile brasiliano, la “Lei Pelé”, una via di mezzo fra il nostro svincolo e la sentenza Bosman. Ma un re non può fare il ministro e quindi ha smesso presto con quel mestiere che di magico aveva pochissimo e non gli aveva mai dato neppure mezza illusione di poter realizzare il suo secondo sogno: dopo aver restituito l’onore calcistico alla sua gente, poterle regalare maggiore dignità e minore povertà. Era tornato a occuparsi di sport, impersonando in modo perfetto il ruolo di ambasciatore del calcio, girando il mondo per stringere la mano a tanti suoi eredi, arrivando fino a Mbappé, l’ultimo dei benedetti dal suo sorriso, che trasmetteva la rassicurante sensazione di un uomo che aveva compiuto il suo percorso e conosciuto la felicità.

Pelé lo ha fatto prima

C’è un video che circola sui social, in cui sono state pazientemente incollate le giocate più incredibili e spettacolari dei giocatori degli ultimi vent’anni e, subito dopo, c’è un frammento di qualche vecchio filmato in cui Pelé compie lo stesso identico gesto tecnico. Trent’anni prima. «Pelé lo ha fatto prima» è il titolo, perfetto nella sua sintesi. Un po’ come i Beatles, suoi contemporanei, che hanno scritto tutto quello che poi altri hanno riscritto o, al limite, aggiornato; ma è stata dura, se non impossibile reinventare qualcosa di veramente nuovo o che, in qualche modo, non avesse un germe in quelle canzoni e in quelle giocate. Sì, il calcio è nato in Inghilterra quasi un secolo prima di Pelé, ma non è stato lo sport del mondo fino a quando non c’è stato un modo per diffonderne la magia in tempo reale e per tutti gli abitanti del pianeta. Quel momento è stato il momento in cui Pelé è diventato il Re, capostipite di una dinastia che è arrivata fino a noi, che ancora popoliamo il suo regno di amanti del pallone e che lo considereremo sempre il nostro re. Anche se a governare sarà un altro.

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Dribblando la sterile discussione su chi sia o sia stato il più grande di tutti i tempi, si può dire che il calcio ha comunque avuto un solo Re: Edson Arantes do Nascimento. Il quale, proprio come fanno i veri re, ha regnato con un altro nome: Pelé. Litigate pure per decidere se in realtà Maradona sia stato più forte, se lo sia Messi o chiunque altro, tanto l’icona del calcio di tutti i tempi e per tutti i tempi resta O Rei. Forse perché è stata la prima, di icona, il primo a essere davvero globale. O forse perché il suo calcio è stato favola più che romanzo, poesia più che cronaca. Pelé è stato e rimarrà IL calcio per tutti, anche per quelli che non l’hanno mai visto giocare e lo hanno studiato sui libri, sbirciato su YouTube e si sono fatti ispirare da quel capolavoro di emozioni che è “Fuga per la vittoria”. Nel miglior film sul calcio di tutti i tempi Pelé incarna l’idea di pallone dei bambini che iniziano a giocare, immaginando azioni fantastiche che si concludono sempre con una rovesciata.

Pelé, la sintesi del calcio

Pelé è stato il primo a riassumere in sé tutto quello che deve essere il calcio, cioè l’unione di opposti: potenza e leggerezza, fantasia e rigore, gioia e dolore. Proprio un grande dolore, il dolore di un’intera Nazione, ha partorito il campione più campione di sempre. Pelé non ha ancora compiuto dieci anni quando il Brasile perde la finale del Mondiale 1950 al Maracanã, provocando il più immane lutto collettivo che la storia dello sport ricordi. Fra le lacrime generali, c’è un bambino che promette a se stesso e al suo Paese che vendicherà quell’onta. E ci riuscirà, non ancora maggiorenne, otto anni dopo, in Svezia, ripetendosi altre due volte nel 1962 (Cile) e 1970 (Messico). Ha segnato quindici anni di calcio e ispirato decine di generazioni, è stato l’ambasciatore universale, è stato il punto di riferimento per qualunque calciatore al mondo: dal ragazzino al parco che si sente dire «Ma chi ti credi di essere, Pelé?», fino a Diego Armando Maradona, al quale i tifosi del Napoli avevano dedicato un coro che lo paragonava proprio a Pelé.

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