A tutto c’è un limite. Ohibò: quasi a tutto. Una delle domande più inflazionate nei caldi mesi delle inchieste federali sulle plusvalenze, per esempio, torna adesso di stretta attualità: qual è il limite entro cui è ammesso portare a termine delle operazioni che consentano di migliorare l’aspetto del proprio bilancio?
Perché la Juventus, di fronte all’impossibilità di dimostrare nel merito la fittizietà delle singole manovre di compravendita operate negli anni, è stata punita in nome dell’ondivago concetto di sistema, senza che però nessuno si prendesse la briga di delimitare i confini della nozione.
Plusvalenze, Osimhen e le domande
Tre plusvalenze rappresentano un sistema? Cinque? E dieci? E ancora: se la costruzione di un fantomatico sistema comporta dieci punti di penalizzazione, la definizione di una singola plusvalenza perché non ne vale, secondo unità di misura e proporzioni che andrebbero istituzionalizzate, almeno uno? La lunga e variegata serie di domande è tornata in auge in seguito ai sussurri provenienti dalla Procura di Napoli in merito al “caso Osimhen”. La discussa operazione con il Lille che ha portato in azzurro il fenomenale attaccante nigeriano, infatti, non rappresenterebbe un reato fiscale, aspetto mai stato in discussione e per il quale la Procura di Torino è giunta due mesi fa alla medesima conclusione nell’indagine sui conti della Juve, mentre è al contrario confermata l’ipotesi di falso in bilancio, tanto che i pm partenopei hanno definito l’operazione “in parte oggettivamente inesistente” e foriera di “plusvalenze fittizie pari a 19.947.363 euro”.