Pagina 2 | Aridatece altri Mazzone: maestro del calcio che amavamo e che ci manca

Non torneranno più quei personaggi e quel calcio. L’addio a Carletto Mazzone ci sbatte in faccia con crudeltà quanto si sia fatta sempre più tagliente la nostalgia per quel mondo. E, no, non è passatismo di mero stampo anagrafico tipo “una volta era tutto meglio di adesso”, è purtroppo l’amara constatazione che, nonostante resti uno spettacolo ancora in grado di entusiasmare, il calcio abbia perso l’autenticità, il divertimento e forse anche la magia che quelli come Mazzone erano in grado di trasmettere.

Abbiamo barattato una bicicletta, magari un po’ arrugginita, per un fiammante suv di plastica: difficile sostenere di averci guadagnato, soprattutto ora, in giorni nei quali i sauditi regalano uno zoo e 160 milioni a Neymar (uno che allenato da Mazzone forse, sarebbe diventato un grande calciatore e non un saltimbanco del pallone).

Mazzone, intelligenza e sincerità

Con Carletto Mazzone perdiamo un nonno o uno zio. Uno di quelli che anche senza mai averlo conosciuto potevi considerarlo come uno della tua famiglia, se solo eri un poco appassionato di calcio. La sua umanità trapassava qualsiasi schermo, anche quello di uno smartphone, da dove i nipoti ultimamente lo facevano apparire, dimostrando che quando sei divertente e saggio come Mazzone puoi pure stracciare un tiktoker adolescente. La sua intelligenza sbucava ovunque nei suoi ragionamenti, che amava vestire con il romanesco, perché provare a essere diversi da quello che si è, alla fine, risulta un’immensa perdita di tempo e lui lo sapeva benissimo, ecco perché i suoi giacconi e i suoi berretti di lana erano infinitamente più veri dell’assai attillata sincerità di certe giacchette che fasciano i suoi colleghi di oggi.

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Mazzone, Guardiola, Pirlo, Totti e Baggio

La nostalgia per un calcio estinto qualche anno fa, tuttavia, non deve togliere lucidità al ricordo di Mazzone che è stato un grandissimo allenatore. La debordante esuberanza del personaggio è forse stato un limite alla sua carriera, che meritava panchine anche più importanti, e oggi è una pericolosa distrazione dal fatto che Mazzone è stato un maestro del suo mestiere. Se Pep Guardiola, allenatore guru delle nuove generazioni, riconosce in lui una delle più potenti influenze calcistiche che ha subito, qualcosa vorrà dire. Se Andrea Pirlo è diventato uno dei più grandi registi della storia del calcio grazie a un’intuizione di Mazzone, qualcosa vorrà dire. Se Francesco Totti e Roberto Baggio, due fra i più grandi calciatori che abbiamo mai avuto, si sentono debitori nei suoi confronti, qualcosa vorrà dire. Se tutti, davvero tutti, quelli che hanno incrociato la propria vita professionale con la sua, non riescono che a spendere parole di ammirazione, non serve aggiungere altro

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Mazzone e le verità del calcio

Basta chiedere: dimmi chi era Mazzone e un fiume di stima vi travolgerà. «La tecnica è il pane dei ricchi, la tattica è il pane dei poveri»: così Carletto riassumeva una delle più grandi verità del pallone, forse la pietra angolare del calcio italiano e di quel pragmatismo che distingue l’allenatore intelligente da quello dogmatico: «Io ho fatto un calcio che chiamo ‘di conseguenza’: il grande cuoco dà il meglio di sé preparando un grande piatto con quello che ha. Se avevo gente che sapeva giocare, giocavamo, se avevo gente di corsa, si correva». E, infatti, non si parla del «4-4-2 di Mazzone» o «dell’occupazione degli spazi di Carletto», ma di squadre che erano pronte a buttarsi nel fuoco per lui e di vittorie della praticità contro la teoria, perché il calcio si «gioca sull’erba mica sulla lavagna». E anche per questo che, finita la partita, Mazzone riusciva a spiegarla senza supercazzole, ammettendo eventualmente anche errori e omissioni, con quella sincerità che consente di non dover mai abbassare gli occhi.

L’Avvocato Agnelli chiedeva spesso di lui ai cronisti che seguivano la Juventus. Era incuriosito dall’allenatore e dall’uomo che per gli atteggiamenti distava da lui anni luce, ma nel quale riconosceva un punto in comune nell’utilizzo dell’ironia per arrotondare la spigoli di certe verità. Chissà cosa avrebbe combinato Carlo Mazzone sulla panchina di una grande. Ha allenato la Roma, certo, ma altri tecnici giallorossi hanno goduto di rose più lussuose. Mentre immaginare Mazzone alla Juve, all’Inter o al Milan resta un pensiero dissonante quanto affascinante.

Ciao Carletto, ciao nonno di tutti quelli che amano il calcio, restano tante parole, idee, corse e risate. Resta un film testamento (“Come un padre”) che oggi è una carezza ai ricordi e un pugno nello stomaco se si paragona quelle storie all’attualità. Perché, no, non fa tutto schifo, anzi, ma l’idea che Mazzone e quel calcio non torneranno più non è una bella idea da far girare in testa.

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Mazzone, Guardiola, Pirlo, Totti e Baggio

La nostalgia per un calcio estinto qualche anno fa, tuttavia, non deve togliere lucidità al ricordo di Mazzone che è stato un grandissimo allenatore. La debordante esuberanza del personaggio è forse stato un limite alla sua carriera, che meritava panchine anche più importanti, e oggi è una pericolosa distrazione dal fatto che Mazzone è stato un maestro del suo mestiere. Se Pep Guardiola, allenatore guru delle nuove generazioni, riconosce in lui una delle più potenti influenze calcistiche che ha subito, qualcosa vorrà dire. Se Andrea Pirlo è diventato uno dei più grandi registi della storia del calcio grazie a un’intuizione di Mazzone, qualcosa vorrà dire. Se Francesco Totti e Roberto Baggio, due fra i più grandi calciatori che abbiamo mai avuto, si sentono debitori nei suoi confronti, qualcosa vorrà dire. Se tutti, davvero tutti, quelli che hanno incrociato la propria vita professionale con la sua, non riescono che a spendere parole di ammirazione, non serve aggiungere altro

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