Le indagini della procura di Torino proseguono e al vaglio degli inquirenti sono finiti tablet, pc e telefoni dei tre calciatori fin qui indagati (Fagioli, Tonali e Zaniolo). Al di là delle prove si cercano anche eventuali coinvolgimenti di chi sapeva, ma non ha denunciato, violando così l’articolo 24 comma 5 del Codice di Giustizia Sportiva che prevede l’obbligo “senza indugio” di informare la procura federale. Di questo e dei suoi risvolti abbiamo parlato con l’avvocato ed esperto di diritto sportivo, Eduardo Chiacchio.
Chiacchio, cosa rischia un calciatore non denunciando? «L’omessa denuncia comporta l’avvio di un’azione disciplinare a carico di chi aveva cognizione, in questo caso di scommesse, ma non ha immediatamente denunciato i fatti. La sanzione minima, se accertata la colpa, è di sei mesi di squalifica più un’ammenda a partire da 15.000 euro. Anche in questo caso l’incolpato può patteggiare pre e post deferimento o collaborare ed avere sconti ancora più consistenti sulla pena. Sta poi ai difensori dell’incolpato scegliere la miglior strategia».
Ma come si dimostra l’omessa denuncia? «Generalmente l’omessa denuncia deriva dal coinvolgimento del tesserato che scommette. A quel punto difendersi è molto difficile, perché nasce dal concetto del “cui prodest” (a chi giova, ndr). Ci si chiede perché il tesserato dovrebbe coinvolgere una terza persona, dicendo che un compagno di squadra sapeva della scommessa? Ecco perché è difficile difendersi da un'accusa simile».