Gigi Riva, l'adorato dall'Avvocato Agnelli e quel rifiuto alla Juventus

L'addio a un gigante del calcio che Gianni Agnelli avrebbe sempre voluto in bianconero: l'aneddoto con Boniperti

Più di un calciatore. Nonostante sia stato uno dei calciatori più forti di tutti i tempi. Perché Gigi Riva sta in quella manciata di sportivi il cui valore è andato oltre quello, pur fenomenale, del campo. E può essere considerato, senza timore di esagerare o scivolare sulla retorica, un autentico eroe nazionale, di quelli da libro di storia per intendersi. Riva ha rappresentato il meglio di quello che può essere un italiano e lo ha fatto rigorosamente a modo suo, in «direzione ostinata e contraria», come avrebbe detto Fabrizio De André, sardo di adozione, proprio come lui, e legato a lui da un’amicizia che emoziona a pensarla, immaginando la silenziosa e immensa stima reciproca di due simili giganti.

Riva, il nonno che tutti sognano di avere

Pur sapendo che la salute, da tempo, lo tormentava con le sfide dell’età, la sua morte ci coglie completamente impreparati e sguarniti di qualsiasi difesa emotiva. Perché se il calciatore ha fatto sognare cinquanta anni fa, l’uomo ha continuato a dispensarci il suo contributo alla causa calcistica azzurra, la sua saggezza e la sua autenticità fino agli ultimi giorni, dandoci la confortevole sensazione di avere un nonno, il nonno che tutti sognano di avere, con una grande storia e grandi storie da raccontare e che dava quella dolce sicurezza di potergli chiedere un consiglio, sapendo di riceverne uno giusto e probabilmente non banale. Questo rende ancora più straziante l’addio, ancora più grave la perdita che non è quella di un monumento impolverato dagli anni, ma di un eroe ancora in servizio per il nostro calcio e per il nostro Paese (non stupisce e non deve stupire, infatti, il cordoglio ufficiale di Sergio Mattarella).

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Riva è stato un fenomeno

Per chi non l’ha visto giocare, per i più giovani, che magari si stanno chiedendo perché il mondo del calcio sia così triste e abbattuto in queste ore o si domandano per chi si starà in silenzio in tutte le manifestazioni sportive del fine settimana, si può dire che Riva è stato un fenomeno, uno con la potenza di Haaland, i piedi di Bellingham e la leadership di Michael Jordan. Riva è stato un attaccante totale, un uomo squadra, un fornitore inesauribile di coraggio per i compagni. Insomma, non si stupiscano i giovani di vedere il mondo inchinarsi di fronte a questo lutto: il calcio, tutto il calcio, ha perso uno dei più grandi.

Curioso: negli ultimi quattro anni il destino ci ha portato via i quattro più grandi numeri nove del calcio italiano: Pietro Anastasi, Paolo Rossi, Gianluca Vialli e ora Gigi Riva, forse il più grande, riassunto di ognuno di loro, campione di umanità come loro, forse il più unifi cante di tutti. Aveva detto di no a tutti e questo lo aveva reso grande agli occhi di tutti.

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Riva e il no alla Juve: Agnelli e quel rimprovero a Boniperti

Quei rifiuti ai soldi di Juventus, Inter e Milan non erano sprezzanti, ma frutto di una pudica coerenza con la sua filosofi a di vita e, soprattutto, l’amore per una terra. Per di più un amore che non era campanilismo di chi è nato e cresciuto lì, ma un sentimento maturato nel tempo, un legame affettivo profondo e consapevole, un matrimonio prima sofferto e poi voluto e coltivato, con un popolo e un’isola. Niente è stato banale nella sua vita e nelle sue scelte, forse per questo ha conquistato tutti gli italiani, che in quella fedeltà hanno riconosciuto un sentimento sacro.

L’avvocato Agnelli lo adorava e, dopo il suo rifiuto, lo ammirava ancora di più. Abituato a ottenere tutto e tutti quelli che voleva, aveva trovato in quel perentorio “no” la conferma dello spessore dell’uomo oltre che del talento del calciatore, del quale era esaltato per la completezza e l’incredibile potenza. In compenso punzecchiava Giampiero Boniperti, più volte spedito in missione per portarlo a Torino. Dopo la finale di Coppa dei Campioni, persa a Belgrado contro l’Ajax di Cruyff, disse: «Vede Boniperti, questa partita con Riva l’avremo vinta». Aveva ragione, perché con Riva era difficile, molto difficile, perdere.

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Più di un calciatore. Nonostante sia stato uno dei calciatori più forti di tutti i tempi. Perché Gigi Riva sta in quella manciata di sportivi il cui valore è andato oltre quello, pur fenomenale, del campo. E può essere considerato, senza timore di esagerare o scivolare sulla retorica, un autentico eroe nazionale, di quelli da libro di storia per intendersi. Riva ha rappresentato il meglio di quello che può essere un italiano e lo ha fatto rigorosamente a modo suo, in «direzione ostinata e contraria», come avrebbe detto Fabrizio De André, sardo di adozione, proprio come lui, e legato a lui da un’amicizia che emoziona a pensarla, immaginando la silenziosa e immensa stima reciproca di due simili giganti.

Riva, il nonno che tutti sognano di avere

Pur sapendo che la salute, da tempo, lo tormentava con le sfide dell’età, la sua morte ci coglie completamente impreparati e sguarniti di qualsiasi difesa emotiva. Perché se il calciatore ha fatto sognare cinquanta anni fa, l’uomo ha continuato a dispensarci il suo contributo alla causa calcistica azzurra, la sua saggezza e la sua autenticità fino agli ultimi giorni, dandoci la confortevole sensazione di avere un nonno, il nonno che tutti sognano di avere, con una grande storia e grandi storie da raccontare e che dava quella dolce sicurezza di potergli chiedere un consiglio, sapendo di riceverne uno giusto e probabilmente non banale. Questo rende ancora più straziante l’addio, ancora più grave la perdita che non è quella di un monumento impolverato dagli anni, ma di un eroe ancora in servizio per il nostro calcio e per il nostro Paese (non stupisce e non deve stupire, infatti, il cordoglio ufficiale di Sergio Mattarella).

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