Il dossieraggio Laudati-Striano, il caso Gravina, il giudizio prima dei giudici

Il commento del Direttore sul caso giudiziario che riguarda il presidente della Figc e sui precedenti paradossi tra giustizia sportiva e ordinaria

In questi giorni bui per la Giustizia italiana e per chi le dedica la vita, ci troviamo davanti a una situazione paradossale. C’è un fascicolo dalla Procura della Repubblica di Roma che riguarda il presidente della Figc Gabriele Gravina (non indagato) aperto per una segnalazione che scaturisce da indagini illegali. Ovvero le attività investigative che si basavano sugli accessi abusivi alle banche dati al centro dell’inquietante inchiesta sul pm Laudati e sul finanziere Striano. Quindi l’innesco dell’indagine è illegale, ma l’inchiesta è vera. Pazzesco, ma terrificantemente vero. Ma bisogna avere fiducia nella Giustizia e nella sua capacità di discernere le reali responsabilità e, come Ulisse di fronte alle sirene, legarsi saldamente al principio per il quale tutti sono innocenti fino a prova contraria. Gravina, impegnato in una difficile lotta politica per riformare il calcio italiano (non un dettaglio in questa storia) si trova, dunque, a vivere questa fastidiosa situazione di attesa.

Il precedente con la Juve

Vale dunque la pena riflettere sul fatto che, poco più di un anno fa, c’era chi veniva travolto da un’indagine della Procura di Torino, che poi è stato appurato non aveva la competenza territoriale per indagare, ma che con largo utilizzo di intercettazioni (telefoniche e ambientali), blitz e perquisizioni. Oggi quell’inchiesta è finita a Roma e ancora si attende che diventi o meno un processo, dove vagliare le prove, dalle intercettazioni ai foglietti (che prove ancora non sono). Ma nel frattempo sono successe due cose: le intercettazioni sono state ampiamente diffuse tramite alcuni giornali già nel corso delle indagini, si è celebrato un processo mediatico e, con quel materiale, si è celebrato anche un processo sportivo, che ha devastato una società e la sua dirigenza, a livello professionale e, in certi casi, a livello umano. Il che significa che la Giustizia sportiva, senza il parere di un perito, ha giudicato situazioni finanziarie complesse e di difficile dimostrabilità (sulle plusvalenze, a Milano, si sono arresi molti magistrati), infliggendo pene molto dure. Il giudizio, insomma, è arrivato prima di quello dei giudici preposti dal nostro ordinamento a giudicare. Pazzesco, vero? Già, proprio come quello che sta succedendo in questi giorni.

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