Dossieraggio, Gravina e le inchieste gogna: sicuri che la Juve è un'altra storia?

Viviamo in un Paese che celebra i processi al di fuori delle aule di Tribunale, che emette sentenze sui giornali e che può cancellare la credibilità di una persona senza prove

Perché si raccolgono abusivamente delle informazioni? Perché questo reato è così diffuso? Perché viviamo in un Paese che celebra i processi al di fuori delle aule di Tribunale, che emette sentenze sui giornali e che può cancellare la credibilità di una persona senza avere prove, ma soltanto diffondendo attraverso i media degli indizi. E, stiamo scoprendo, non è così difficile.

La pesca a strascico e il sentimento giustizialista

Il primo passaggio è la pesca a strascico nelle banche dati per scovare qualcosa di anche solo vagamente sospetto, magari passarlo a qualche giornalista, creare un rumore mediatico tale da spingere l’apertura di un fascicolo in qualche Procura. A quel punto, si continua a sgocciolare sui giornale stralci dell’inchiesta, spesso e volentieri sotto segreto istruttorio: un pezzo di intercettazione, un documento, una mail... tutto seguendo la tesi dell’accusa, senza mai diffondere materiale che possa contrastarla. L’opinione pubblica così si scandalizza e monta il sentimento giustizialista. A volte possono bastare tre o quattro settimane per distruggere una persona o un’azienda e tutto senza che un giudice abbia vagliato gli indizi diffusi o li abbia contestualizzati per capirne il peso e la portata.

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Gravina e il caso Juve

Basta una frase, completamente estrapolata da una conversazione, per condannare qualcuno, costringendolo a dimettersi, farsi da parte o perdere credibilità. E così l’obiettivo è ottenuto. Sì, magari ci sarà un processo, ma un paio di anni dopo, e verrà riconosciuta l’innocenza o ridimensionata la responsabilità delle persona in questione, ma è troppo tardi e la riabilitazione postuma occupa spazi risibili rispetto alla gogna subita in fase di indagine.

I dossier, quindi le inchieste, diventano quindi un’arma micidiale per annientare il nemico che sia politico, industriale o anche sportivo. Gravina, per esempio, ha la sensazione (quasi certezza) che siano i suoi nemici politici ad aver montato le accuse contro di lui, portandolo all’iscrizione nel registro degli indagati. A lui, però, sta andando meglio che alla Juventus che, sulla base di un’inchiesta non ancora finita a processo, è stata condannata dai media e anche dalla Giustizia Sportiva. Ma questa è un’altra storia. O forse no.

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Perché si raccolgono abusivamente delle informazioni? Perché questo reato è così diffuso? Perché viviamo in un Paese che celebra i processi al di fuori delle aule di Tribunale, che emette sentenze sui giornali e che può cancellare la credibilità di una persona senza avere prove, ma soltanto diffondendo attraverso i media degli indizi. E, stiamo scoprendo, non è così difficile.

La pesca a strascico e il sentimento giustizialista

Il primo passaggio è la pesca a strascico nelle banche dati per scovare qualcosa di anche solo vagamente sospetto, magari passarlo a qualche giornalista, creare un rumore mediatico tale da spingere l’apertura di un fascicolo in qualche Procura. A quel punto, si continua a sgocciolare sui giornale stralci dell’inchiesta, spesso e volentieri sotto segreto istruttorio: un pezzo di intercettazione, un documento, una mail... tutto seguendo la tesi dell’accusa, senza mai diffondere materiale che possa contrastarla. L’opinione pubblica così si scandalizza e monta il sentimento giustizialista. A volte possono bastare tre o quattro settimane per distruggere una persona o un’azienda e tutto senza che un giudice abbia vagliato gli indizi diffusi o li abbia contestualizzati per capirne il peso e la portata.

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