Gattuso e l’Italia del 2006: “Vedemmo la Francia e Buffon si mise a urlare”

Il campione del mondo ha raccontato un aneddoto sulla vigilia della finale. Poi ha parlato anche dell'attuale Nazionale, del Milan e della sua malattia

Determinazione e voglia di primeggiare: Gattuso lo ha dimostrato in tutta la sua carriera. Ora ringhio allena l'Hajduk Spalato in Croazia e si sta giocando lo scudetto, anche se la sua squadra è reduce proprio dalla sconfitta nel big match contro il Rijeka. Ancora è tutto aperto, si trova a solo un punto dalla testa e sicuramente lotterà fino alla fine, come ci ha abituati. L'ex calciatore del Milan ha rilasciato un'intervista a Vivo Azzurro dove ha toccato diversi temi: il momento dei rossoneri, l'Italia e qualche retroscena del 2006, la malattia.

Il mantra di Gattuso

"Grinta e cuore sono l'abc del calcio. Senza voglia, senza anima non si può giocare. Bisogna pedalare, allenarsi, avere rispetto e fare una vita sana per andare a 1000 all'ora, perché è vero che il calcio è cambiato, però sono aumentate le velocità, sono aumentati i contatti fisici e bisogna essere pronti perché non basta avere solo tecnica" - ha spiegato Gattuso a Vivo Azzurro. Poi ha proseguito: "A darmi fastidio sono quei ragazzi che hanno talento e non riescono ad esprimerlo, non spingono e si accontentano. Quello mi fa andare fuori di testa. La difficoltà più grande oggi da parte mia è far capire che bisogna rispettare un lavoro che per il 90 per cento dei ragazzi era il gioco più bello del mondo e che poi è diventato un lavoro".

 

 

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L'aneddoto prima della finale del 2006

L'attuale allenatore dell'Hajduk Spalato ha ricordato quando a 12 anni è partito dalla sua Calabria, da Schiavonea: "Appena lasciata casa, dissi subito che non sarei tornato. A mamma e papà dissi che se non fosse andata bene nel calcio, me ne sarei andato a lavorare in Germania". Poi ha aggiunto: "Ho sofferto sì, però ogni volta che chiudevo gli occhi quando indossavo la maglia della nazionale e c'era l'inno nazionale, io ricordavo tutta la mia infanzia".   Poi, da calciatore è ritornato anche sul Mondiale vinto nel 2006. "Cosa significa essere campione del mondo? Non lo so, so soltanto che da parte mia è stato un sogno. Io non ho mai pensato di voler vincere un Mondiale perché è sempre stato un qualcosa più grande di me". Poi ha svelato un aneddoto sulla vigilia della finale di Berlino. "Andammo a fare il sopralluogo al campo, vedemmo la Francia che si allenava a maniche corte sotto la pioggia: fisicamente erano messi nettamente meglio di noi. Ma Buffon cominciò a urlare: 'Ragazzi non ci fanno paura: possono essere grossi quanto vogliono, ma domani ce li mangiamo'. Poi per 20 ore nella testa ho pensato a quanto fossero grossi e quanto forte era Zidane".   

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La malattia, il Milan e la Nazionale

Gattuso hai parlato anche della sua malattia autoimmune, la miastenia: "Ce l'ho da 15 anni. Migliaia e migliaia di persone mi scrivono per avere consigli, per sapere come faccio con questa malattia ad avere questa carica...la combatto con il cortisone. Da quattro o cinque anni rinuncio ad una cosa che mi piaceva, un bicchiere di vino. Quando ti arriva la diplopia quando vedi doppio non è facile, però ho sempre pensato che io sono più forte della malattia. Non bisogna vergognarsi perché chi è una brutta persona e fa del male deve vergognarsi". Poi ha elogiato la nazionale di Spalletti: "La vedo bene, ha aggiunto molti ragazzi giovani con un piano ben preciso. Sono sicuro che andremo ai Mondiali". Sul Milan: "Aspettiamo sempre che faccia qualcosa in più. Hanno capito gli errori che hanno commesso e hanno di fatto un grandissimo mercato e speriamo che si riprenda". Ha poi fatto un paragone con Conceicao: "A livello di temperamento ci assomigliamo un po'. A livello caratteriale è un uomo molto molto forte". Su Conte: "Lui è un fenomeno, uno che non si ferma mai e ha una mentalità di acciaio. L'Inter deve fare molta attenzione". 

 

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Determinazione e voglia di primeggiare: Gattuso lo ha dimostrato in tutta la sua carriera. Ora ringhio allena l'Hajduk Spalato in Croazia e si sta giocando lo scudetto, anche se la sua squadra è reduce proprio dalla sconfitta nel big match contro il Rijeka. Ancora è tutto aperto, si trova a solo un punto dalla testa e sicuramente lotterà fino alla fine, come ci ha abituati. L'ex calciatore del Milan ha rilasciato un'intervista a Vivo Azzurro dove ha toccato diversi temi: il momento dei rossoneri, l'Italia e qualche retroscena del 2006, la malattia.

Il mantra di Gattuso

"Grinta e cuore sono l'abc del calcio. Senza voglia, senza anima non si può giocare. Bisogna pedalare, allenarsi, avere rispetto e fare una vita sana per andare a 1000 all'ora, perché è vero che il calcio è cambiato, però sono aumentate le velocità, sono aumentati i contatti fisici e bisogna essere pronti perché non basta avere solo tecnica" - ha spiegato Gattuso a Vivo Azzurro. Poi ha proseguito: "A darmi fastidio sono quei ragazzi che hanno talento e non riescono ad esprimerlo, non spingono e si accontentano. Quello mi fa andare fuori di testa. La difficoltà più grande oggi da parte mia è far capire che bisogna rispettare un lavoro che per il 90 per cento dei ragazzi era il gioco più bello del mondo e che poi è diventato un lavoro".

 

 

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