Pogba, la verità Juve: “Non volevo più restare. Ho nascosto tutto e alla fine…”

Il centrocampista francese si è raccontato a GQ France tra squalifica, depressione e l'estorsione subita negli ultimi anni

"Prima di tutto, non vedo l'ora di giocare". Paul Pogba ha terminato la sua squalifica l'11 marzo e ancora non ha trovato squadra per tornare in campo. Non vuole accettare la prima offerta, ma ponderare bene e ripartire da un progetto serio e in cui lui possa ritrovare la felicità: "Ci sono proposte e arrivano da ogni parte, anche dall'Europa. Voglio vedere cosa mi si addice di più. Perché sono in un periodo cruciale della mia vita e della mia carriera. È una decisione che prenderò presto". Il centrocampista francese si è raccontato a 360° a GQ France tra squalifica, futuro, la depressione di Manchester e l'estorsione subita negli anni scorsi. 

Pogba e la squalifica

Pogba ha raccontato il periodo della squalifica:"Se mi fossi preso quattro anni, avrei smesso di giocare a calcio. Non volevo dirlo pubblicamente, ma è quello che ho pensato. Non ho capito. Perché? Mi hanno dato la pena massima, il che significa che non avevano davvero ascoltato nulla di quello che avevo detto loro. Tutto quello che mi è successo mi ha fatto cambiare. Ho visto cos'era la vita 'vera'. Ha agito su di me come una pulizia completa. Ho impiegato dieci anni in una volta sola". Sull'estorsione: "Ho nascosto tutto di questa estorsione. Mia moglie non lo sapeva, e nemmeno i miei figli. Quando tornavo a casa dall'allenamento, dovevo recitare la parte del padre e del marito. Tenevo tutto per me. Alla fine, mi ha logorato dentro”.

 

 

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Pogba e l'estorsione

Pogba ha raccontato di un'altra situazione complicata, quella dell'estorsione subita: "Ho nascosto tutto di questa estorsione. Mia moglie non lo sapeva, e nemmeno i miei figli. Quando tornavo a casa dall'allenamento, dovevo recitare la parte del padre e del marito. Tenevo tutto per me. Alla fine, mi ha logorato dentro”. E sul momento difficile: "In quel periodo ho fatto tutto il possibile per restare concentrato sul calcio, ma è diventato troppo difficile. Avevo così tante preoccupazioni che ho smesso di giocare. Eppure ci ho provato. Sapevo che era l'unico modo per farmi dimenticare questi problemi. Ma in realtà, cosa rappresenta il calcio? Due ore al giorno? Solo due ore al giorno per divertirmi. Ogni volta che finiva, cercavo di girovagare nello spogliatoio, di stare con i miei compagni di squadra. Ma alla fine, devi tornare a casa. Mi chiedevo quando sarebbe finito tutto. Ha avuto un impatto sul mio corpo. Ecco perché non potevo tornare indietro".

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Pogba, la Juve e la depressione a Manchester

Il centrocampista francese ha raccontato anche le sue esperienze passate: "Ero davvero triste quando ho lasciato Manchester a 19 anni. All'inizio ho pianto. Tornare in questo club che mi stava molto a cuore è sempre stato il mio obiettivo". Sull'arrivo alla Juve: "Quando sono arrivato in Italia, mi chiamavano Balotelli. Avevo già lo stemma, le tinture, i balli per le celebrazioni, ma anche i gesti tecnici e tutto quello che ne consegue. È la mia personalità, ho imparato a giocare a calcio così, per strada. In questa squadra c'era spazio per esprimerci in modo diverso".  Poi è tornato a Manchester per una cifra di 110 milioni di euro: "Alla fine, è stato un bene per tutti. Per Manchester, per adidas e per me. Tutti hanno avuto i loro soldi".

Ma ai Red Devils ha avuto anche altre difficoltà: "Non capivo. Ero un giocatore con un ruolo importante nella squadra e all'improvviso mi sono ritrovato in panchina. Non riuscivo a parlare, non c'era comunicazione. Non ero felice, e un calciatore che non è felice non può giocare bene. Sono caduto in depressione senza nemmeno rendermene conto. Perché nessuno ci insegna cos'è la depressione. Fino al momento in cui ho iniziato ad avere buchi nel cuoio capelluto. Non capivo cosa fosse. Mi è stato detto che era stress". Pogba è tornato a Torino e c'è rimasto fino alla squalifica: "Prendevo la palla e giocavo da solo fuori. Mi arrangiavo con quello che avevo. Ma non volevo restare a Torino. La mattina portavo i miei figli a scuola, ed era proprio accanto al campo di allenamento, che sofferenza". A chiudere Pogba ha parlato delle sue sensazioni attuali: "Queste prove mi hanno dato una determinazione in più. Mi sento come un bambino che vuole diventare un professionista. Sono tornato ad essere il piccolo Paul Pogba di Roissy-en-Brie, che lascerà il segno".

 

 

 

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"Prima di tutto, non vedo l'ora di giocare". Paul Pogba ha terminato la sua squalifica l'11 marzo e ancora non ha trovato squadra per tornare in campo. Non vuole accettare la prima offerta, ma ponderare bene e ripartire da un progetto serio e in cui lui possa ritrovare la felicità: "Ci sono proposte e arrivano da ogni parte, anche dall'Europa. Voglio vedere cosa mi si addice di più. Perché sono in un periodo cruciale della mia vita e della mia carriera. È una decisione che prenderò presto". Il centrocampista francese si è raccontato a 360° a GQ France tra squalifica, futuro, la depressione di Manchester e l'estorsione subita negli anni scorsi. 

Pogba e la squalifica

Pogba ha raccontato il periodo della squalifica:"Se mi fossi preso quattro anni, avrei smesso di giocare a calcio. Non volevo dirlo pubblicamente, ma è quello che ho pensato. Non ho capito. Perché? Mi hanno dato la pena massima, il che significa che non avevano davvero ascoltato nulla di quello che avevo detto loro. Tutto quello che mi è successo mi ha fatto cambiare. Ho visto cos'era la vita 'vera'. Ha agito su di me come una pulizia completa. Ho impiegato dieci anni in una volta sola". Sull'estorsione: "Ho nascosto tutto di questa estorsione. Mia moglie non lo sapeva, e nemmeno i miei figli. Quando tornavo a casa dall'allenamento, dovevo recitare la parte del padre e del marito. Tenevo tutto per me. Alla fine, mi ha logorato dentro”.

 

 

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