Psycomercato! Tecnici e ds in crisi di nervi

Litigate furiose, lamentele a mezzo stampa, dimissioni: le trattative più rischiose delle partite
Psycomercato! Tecnici e ds in crisi di nervi

TORINO - Allenatori e ds sull’orlo di una crisi di nervi, perché più che mai il “mercato logora chi lo fa”. Intendiamoci, i giorni del calciomercato sono sempre stati teatro di scontri e di tensioni: abbiamo assistito a litigate, a direttori sportivi che si riparavano in qualche angolo a prendere le goccine per il cuore e ad altri che scardinavano le porte dei box quando ancora c’erano, i box. Però mai come in questo periodo storico le tensioni erano state così diffuse, capillari e pubbliche e, soprattutto, mai avevano coinvolto così in primo piano la figura dell’allenatore. L’elenco è chiarificatore e non può che cominciare dall’episodio eponimo: la lite tra il tecnico del Torino Juric e il “suo” ds Vagnati. Clamoroso perché filmato e diffuso nel mondo, ma per nulla caso isolato: a Verona c’è tensione tra Cioffi e il ds Marroccu; Gasperini ha graffiato a fondo il mercato dell’Atalanta; Giampaolo ha chiarito ai dirigenti della Sampdoria che è lui a “metterci la faccia senza doversi parare il c...”. In Serie B a Palermo se ne sono andati Baldini e il ds Castagnini, a Bolzano il tecnico Zauli ha già salutato: «se non c’è accordo - ha spiegato il ds Bravo - meglio separarsi subito».



Allenatori e ds sull’orlo di una crisi di nervi. Perché il mercato è ormai diventato un Golem che tutto ingloba, tutto trascina senza soluzione di continuità e che fagocita ciò che si permette di disturbare le trattative, le esigenze, le speranze: a cominciare dal calcio giocate. “Oggi purtroppo si gioca”: il rischio che prima o poi la scritta appaia sulla “testatina” di un giornale o nei “sottopancia” delle tv è sempre più concreto. La pressione, così, rischia di far saltare gli equilibri, soprattutto se i protagonisti in commedia non riescono a mettere a parte un poco del proprio ego, peraltro titillato dagli stessi club che attribuiscono volentieri agli allenatori il ruolo di totem dietro al quale nascondere le proprie difficoltà tecniche e soprattutto economiche che siano.

Allenatori e ds sull’orlo di una crisi di nervi. Ormai da tempo è evidente la crisi di rappresentatività e in definitiva “di potere” che il ruolo del direttore sportivo ha progressivamente perduto. Da vero e proprio padrone delle trattative, da uomo di gestione e cuscinetto tra la proprietà, lo spogliatoio e l’allenatore, il suo ruolo è stato via via eroso. Dal protagonismo dei presidenti, che magari hanno pure i figli a cui affidare qualche compito, dall’intraprendenza dei procuratori ormai diventati esercito tra mediatori, mezzi operatori, affaristi. Infine dall’ingresso, sempre più invasivo con l’arrivo delle proprietà americane, dei data base per la valutazione dei calciatori. Ecco: in ogni ambito professionale, e ancora di più in uno aleatorio come quello del calcio, non c’è nulla di peggio della delegittimazione dei ruoli per determinare una crisi nei rapporti di lavoro e la caduta dell’autostima da una parte e dell’autorevolezza dall’altra. E subito ci si sente accerchiati, incompresi, perfino sfruttati. Non è mica per caso che ormai sempre più spesso gli allenatori e i ds cerchino di lavorare in coppia o, attenzione, di affidarsi più ai procuratori amici invece che alle figure già società.

Allenatori e ds sull’orlo di una crisi di nervi. Infine c’è questo devastante combinato disposto dell’ego che si abbina a una mancata percezione della realtà. Perché è più di una sensazione quella secondo cui molti - tra allenatori e calciatori - non abbiano ancora perfettamente chiaro in che drammatica e pesante misura la crisi economica stia mordendo i club italiani. E, al netto del fatto che ogni mestiere vada svolto con etica perfino protestante, che si debbano prevenire i motivi dei fallimenti, sarebbe anche il caso di relativizzare un poco le situazioni. Ricordando, magari, quel che spiegava Bertrand Russel: «Uno dei sintomi dell’arrivo di un esaurimento nervoso è la convinzione che il proprio lavoro sia tremendamente imponente. Se fossi un medico, prescriverei una vacanza a tutti i pazienti che considerano importante il loro lavoro». Ma è difficile che il filosofo inglese faccia capolino nelle chiacchiere di mercato. Più probabile che si litighi...

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