TORINO - La Juve del futuro fa un passettino indietro. In pieni Anni Ottanta (Ottanta voglia di... vendere, per la precisione). E i dirigenti si reinventano: un po’ Gigi Sabani e Iva Zanicchi, un po’ Ezio Greggio con un mood che oscilla tra “Ok, il prezzo è giusto” e l’«asta tosta per tutti i gosti» del mitico Drive In. Immaginiamo i Francesco Calvo e i Giovanni Manna, tra un po’ i Cristiano Giuntoli (al netto di ostracismi vari) vagare sconfortati per le stanze della Continassa rimirando (increduli) certi ingaggi, certi contratti, certi bonus pagati e da pagare rimasti in eredità dalla precedente gestione. Qualcuno già c’è (fresco di rinnovo automatico) e qualche altro è in arrivo, di ritorno. Ad esempio Weston McKennie e Dejan Kulusevski: cadeaux by Fabio Paratici. Come anche Arthur. Da aggiungere ad Alex Sandro, Juan Cuadrado.
Tutti hanno un prezzo
Tanti, troppi giocatori. Tanti, troppi milioni di euro. Un monte ingaggi che è peggio d’una rupe tarpea. E poche - troppo poche... - partite da giocare nel calcio che conta. Ecco perché, innanzitutto, la mission è quella di vendere, smaltire, piazzare alcuni elementi ritenuti non particolarmente funzionali al progetto. Oppure, ritenuti particolarmente funzionali al bilancio. Meglio ancora se ambodue le cose. E non si sbaglia se si sostiene che al momento nell’organico bianconero tutti - o quasi - hanno un prezzo. Sono cedibili. Persino alcuni tra quei campioni che sino a poco tempo fa erano visti e considerati (e pagati) come fondamenta o pilastri portanti su cui poggiare il futuro.
