Qualcuno ha paragonato il gol di Federico Chiesa contro la Spagna a quello che Fabio Grosso segnò contro la Germania nella semifinale del 2006: questioni cromatiche (anche allora gli avversari scesero in campo in maglia bianca), postura del gesto (c’è chi ha postato le due foto con vista “da dietro” per sottolinearne la somiglianza speculare) e infine l’angolazione del tiro a girare sul palo più lontano. Poi, certo, le dinamiche sono differenti a cominciare dal fatto che quello contro la Germania era un tiro di prima (su passaggio visionario di Pirlo) mentre questo con la Spagna è arrivato alla fine di un dribbling personale in seguito alla percussione di Immobile. Quello, infine, fu decisivo mentre questo è stato “solo” la scintilla che si è rivelata il detonatore di una partita fino ad allora ingabbiata dal palleggio avversario.
Oggi nel tridente un posto gli appartiene
Una roba, questa del palleggio e del tiki-taka, che a Chiesa non è per niente congeniale. Intendiamoci: lui non ve lo dirà mai, perché è un ragazzo educato che non contesta le gerarchie e perché caratterialmente è più predisposto alla macerazione interna che all’esplosione dialettica. Però è un fatto indiscutibile che le sue caratteristiche si esaltino quando può accelerare, sprintare, puntare diritto per dritto verso l’area (e la porta) avversaria.
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