Sinisa, mancino di pietra
Figlio di un camionista serbo e di un’operaia croata che lavorava in un calzaturificio, Sinisa Mihajlovic nacque a Vukovar il 20 febbraio 1969. Subito in luce nel Borovo, ha un sinistro irresistibile: potente, preciso, tagliente. “Mancino di pietra” il suo soprannome. La Vojvodina lo acquista 19enne nell’estate ’88: il 9 luglio esordisce in Coppa Intertoto contro gli austriaci dello Sturm, poi il 6 agosto il debutto nel massimo campionato jugoslavo (vittoria 2-1 a Sarajevo) e una settimana dopo la prima rete contro l’Hajduk. Vince subito uno storico titolo. È un duro, un guerriero. Nel gennaio 1991 si trasferisce a Belgrado nella Stella Rossa dove conquista a Bari la Coppa dei Campioni (ai rigori sul Marsiglia) e a Tokyo la Coppa Intercontinentale contro i cileni del Colo Colo. Il suo connazionale Boskov lo chiama alla Roma nel ’92. Nell’estate ’94 passa alla Sampdoria: a Genova incontra lo stratega svedese Eriksson che gli cambia il ruolo spostandolo in mezzo alla difesa, a comandare le operazioni. Nel 1998 va alla Lazio ritrovando Eriksson in panchina. In biancoceleste vince Coppa Coppe, Supercoppa Uefa, uno scudetto, due Coppe Italia e una Supercoppa di Lega. Chiude la carriera agonistica nell’Inter vincendo un altro scudetto, altre due Coppe Italia e un’altra Supercoppa di Lega. Formidabile specialista sulle punizioni: 66 realizzate in carriera (“tripla magia” in 23’ al doriano Ferron in Lazio-Samp 5-2 del ’98). “Miha” morirà a Roma il dicembre 2022, a 53 anni, per una forma acuta di leucemia. Un altro asso nato nel 1969 era l’argentino Batistuta, che tuttavia trasvolò l’Atlantico solo nell’estate ’91, a 22 anni e mezzo, lasciando il Boca per la Fiorentina. Regolamento alla mano, non avrebbe potuto figurare tra i candidati al Golden Boy.
Shearer golfista mancato
Suo padre Alan sognava per lui una carriera alla Nick Faldo, forse il più grande golfista britannico, ma non lo ostacolò quando Alan jr preferiva molto di più il pallone da calcio in PVC alla pallina di resina termoplastica con le fossette. Ed è così che Alan Shearer è diventato un campione inglese del football. Talento precoce sin dai tempi del Wallsend Boys Club, accademia calcistica a pochi chilometri da Gosforth, sobborgo di Newcastle dov’è nato il 13 agosto 1970. Lo chiamavano “Smokey” perché adorava le patatine croccanti al gusto di bacon affumicato. A 15 anni viene acquistato dal Southampton, con cui esordisce da subentrato in First Division (allora si chiamava così l’attuale Premier League) a 17 anni, 7 mesi e 13 giorni il 26 marzo 1988 a Stamford Bridge contro il Chelsea. Due settimane dopo, 9 aprile, parte titolare in casa contro l’Arsenal: firma una tripletta (4-1 per i “Saints”) e diventa il più giovane calciatore a realizzare un “hat-trick” nel campionato inglese a 17 anni e 240 giorni cancellando il record di Greaves. Farà poi altre 10 triplette e una cinquina in Premier League. Nel ’92 il passaggio ai Blackburn Rovers (titolo nel ’95) e dal ’96 eccolo “profeta in patria” nella sua Newcastle. È tuttora il più prolifico cannoniere nella storia del campionato inglese: 260 gol in 440 partite. Top scorer con 5 reti agli Europei ’96. Tre volte capocannoniere della Premier League. Inserito per tre anni di fila tra i candidati al Pallone d’Oro (1995, ’96, ’97), raggiunse il podio nel 1996 alle spalle del vincitore Sammer e del brasiliano Ronaldo. Anche il bi-campione del mondo brasiliano Cafu è nato nel 1970, ma aveva già 24 anni quando firmò il primo contratto con un club europeo, il Saragozza. Ineleggibile per le regole del Golden Boy.
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