Italia, senza riforme il ct non basta

Gli stranieri sono in aumento nonostante le norme e pesa il Decreto Crescita: manca un sistema per sostenere il movimento del calcio italiano

Sì, d’accordo, il nuovo ct. Ma poi restiamo sempre lì: con sempre meno italiani convocabili per la Nazionale. Da anni sosteniamo come l’unica soluzione immediata e efficace sia lo ius soli che permetta di convocare subito i figli degli immigrati in relazione a una drammatica crisi della natività del nostro Paese, e i tentativi di riforma che la trascurano (per questioni politiche, ovvio) non fanno altro che confermare questo assunto. Il dato più clamoroso è legato alla “riforma Tavecchio” relativa all’inserimento obbligatorio in rosa dei giocatori “formati” in Italia e nel club.

La riforma fu varata nel novembre 2014, dopo l’eliminazione ai gironi del Mondiale brasiliano (ultima qualifi cazione a una fase fi nale della competizione iridata...). Ebbene, l’introduzione della “lista dei 25” non ha portato alcun miglioramento alla formazione dei calciatori italiani. Così come le altre iniziative proposte. Il fatto che oggi comunque in Nazionale ci sono giovani prospetti interessanti non signifi ca che il sistema abbia individuato la strada per allargare il bacino da cui attingere.

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Italia, l'impatto della norma Tavecchio

Ecco, in sintesi, l’impatto della “norma Tavecchio”: nel 2015/16 54,94% calciatori stranieri e 45,06% italiani; nel 2017/18 57,60% calciatori stranieri e 42,40% italiani; nel 2020/21 65,36% calciatori stranieri e il 34,64% italiani; nel 2021/22 65,77% calciatori stranieri e il 33,23% italiani; nel 2022/23 66,22% calciatori stranieri e il 33,78% calciatori italiani. Tra le squadre poi iscritte alle competizioni europee, in campionato hanno giocato il 67,32% di stranieri e il 32,68% di italiani (considerando anche le 5 sostituzioni). Lodevole tentativo, in quel periodo di commissariamento, fu l’introduzione da parte del commissario Figc Roberto Fabbricini delle Seconde Squadre: l’unica società che sino a poche settimane fa aveva colto questa opportunità è la Juventus, a cui i aggiungerà da quest’anno l’Atalanta. Tutti gli altri club di Serie A hanno preferito proseguire con l’abusato sistema di prestiti alle categorie inferiori. Decine e decine di calciatori prestati dai club di Serie A a quelli di Serie B.

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Italia, numeri da Lega Pro

Numeri simili li possiamo trovare in Lega Pro, a dimostrazione che ad oggi le nostre istituzioni e club non hanno individuato un percorso congiunto che consenta alla piramide del calcio autoctono di trovare il giusto spazio per i nostri giovani. Un altro tentativo è stato esperito nel 2019 dall’allora deputato (oggi Ministro delle fi nanze) Giancarlo Giorgetti con l’idea di destinare una quota dei diritti tv al minutaggio giovani, legge mai applicata per mancanza del decreto attuativo. Ora tocca al ministro dello Sport, Andrea Abodi, mettere mano a questo provvedimento attingendo sempre dalle risorse dei diritti tv. Ora sarebbe lunga, qui, spiegare i tecnicismi della legge, ma comunque si scontrerà con la vera discriminante: il Decreto crescita. Rispettando la “lista dei giocatori formati” introdotta da Tavecchio, le società possono tesserare almeno 17 calciatori stranieri, e ormai visti gli anni che sono passati dall’introduzione della norma anche gli stranieri ormai formati nei settori giovanili.

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Calciatori italiani e stranieri, forbice di 1 a 4

Se guardiamo alle somme che possono essere ripartite tra i club per la quota minutaggio giovani, e il minor costo che i club possono avere tesserando calciatori stranieri, vediamo che sui piatti della bilancia i secondi hanno un peso preponderante. Chi diffida di questa riflessione, provi ad analizzare i tesseramenti e trasferimenti fatti dai club Italiani durante l’ultima finestra di calcio mercato tra calciatori Italiani e stranieri. La forbice è di 1 a 4 a favore dei secondi. In Serie A di fronte a circa 600 calciatori, 370 sono stranieri. Non dimenticando che l’Arabia Saudita potrà introdurre 8 calciatori stranieri per club per far crescere la sua League con una spesa prevista sino al 2030. Sì, il ct è importante. Ma finché non si farà sistema, non basterà.

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Sì, d’accordo, il nuovo ct. Ma poi restiamo sempre lì: con sempre meno italiani convocabili per la Nazionale. Da anni sosteniamo come l’unica soluzione immediata e efficace sia lo ius soli che permetta di convocare subito i figli degli immigrati in relazione a una drammatica crisi della natività del nostro Paese, e i tentativi di riforma che la trascurano (per questioni politiche, ovvio) non fanno altro che confermare questo assunto. Il dato più clamoroso è legato alla “riforma Tavecchio” relativa all’inserimento obbligatorio in rosa dei giocatori “formati” in Italia e nel club.

La riforma fu varata nel novembre 2014, dopo l’eliminazione ai gironi del Mondiale brasiliano (ultima qualifi cazione a una fase fi nale della competizione iridata...). Ebbene, l’introduzione della “lista dei 25” non ha portato alcun miglioramento alla formazione dei calciatori italiani. Così come le altre iniziative proposte. Il fatto che oggi comunque in Nazionale ci sono giovani prospetti interessanti non signifi ca che il sistema abbia individuato la strada per allargare il bacino da cui attingere.

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