Ciccio Graziani: “Juve cinghiale ferito. Toro, sii spietato”

L'ex granata sul derby: "La squadra di Allegri è come questo animale che quando sanguina, quando capisce che può venir ucciso, diventa pericolosissimo. Juric deve essere lucido e approfittare del momento favorevole, ma Cairo deve comprare un attaccante vero"
Ciccio Graziani: “Juve cinghiale ferito. Toro, sii spietato”© LaPresse
«Mi vengono in mente i cinghiali di mio suocero».  

Anche se parliamo di Toro, Ciccio? 

«È la Juve di Allegri che mi fa venire in mente i cinghiali. Mio suocero andava a caccia. E ripeteva: il cinghiale ferito che si sente braccato diventa l’animale più pericoloso che ci sia. Già è pericoloso normalmente. Ma quando sanguina, quando capisce che può venir ucciso, può fare qualsiasi cosa per attaccarti». 

Dopo il nuovo crollo col Milan, l’incredibile sconfitta ad Haifa, le parole di Agnelli, quei tre «vergogna» e tutti i flop di queste settimane... 

Interrompe: «Parliamoci chiaro, dai. Una situazione come questa grida al Toro di approfittarne. Lo impone, quasi. Questo derby nasce in una condizione psicologica e ambientale favorevole, sulla carta: è più facile da giocarsi rispetto ad altre volte, in partenza. A loro mancano anche diversi giocatori infortunati, importanti. Un’occasione così non capita tante volte. Anzi, raramente. Per cui il Toro faccia il Toro: entri in campo e sia spietato». 

Non illuso o tantomeno presuntuoso.  

«Per carità. Davanti al cinghiale ferito, mio suocero diceva sempre che il cacciatore deve diventare più lucido che mai. L’animale alle corde, sanguinante, ha paura del colpo di grazia. Bisogna essere spietati, ma col cuore caldo. Non dei robot: il calcio non è dei robot. Poi, certo, bisogna indovinare la partita, perché ogni gara fa storia a sé. Ma bisogna sapere che questa Juve non sta bene. Ha difficoltà a creare gioco, ha mostrato di avere problemi atletici e psicologici che potranno di nuovo venir fuori, se la gara non si metterà subito nel modo che vogliono loro. Aspettiamoci comunque una reazione veemente, caratteriale e mentale: è lì che il Toro non potrà arretrare di un centimetro. I nostri giocatori dovranno essere spietati fin da quando li guarderanno in faccia, negli spogliatoi. Dovrebbero fare come facevamo noi, che di derby ne vincevamo e anche tanti».  

Le piacerebbe giocarlo, eh? 

«Da matti! Mi piacerebbe eccome tornare a quei tempi, erano partite epiche, tutta la città le sentiva e te lo faceva capire in modo speciale, poi allo stadio era meraviglioso, non meno di 65 mila persone, bandiere dappertutto e una passione pazzesca... Però mi piacerebbe giocare anche questo, in effetti. Perché mi piace il Toro garibaldino di Juric. Che non ha bisogno di miei consigli. Ma uno glielo voglio dare lo stesso. Quello che dicevo prima. Faccia come facevamo noi. Succedeva questo. L’arbitro suonava la campanella per avvisare le due squadre di uscire dagli spogliatoi, quando il momento di entrare in campo era arrivato. Ma il nostro dirigente prima dei derby controllava continuamente l’orologio e quando mancavano due minuti ci faceva un urlo e uscivamo tutti in anticipo. Così arrivavamo sempre per primi nel corridoio che portava al campo. E lì iniziavamo a far casino».  

Battevate i tacchetti per terra.  

«Non solo. Ci facevamo sentire. Li chiamavamo persino, quelli della Juve: allora, quando arrivate? Avete paura? Era un trucco straordinario che a noi dava una carica enorme in più, credetemi. Non ci fate paura, noi siamo già qui perché vogliamo vincere: in pratica, era questo il messaggio che mandavamo. Può parere un gesto banale, invece era un atto potente». 

Le piace Juric, ci diceva.  

«Sicuro! Mi piace molto, incarna bene il sentimento, la personalità di una squadra come il Toro. Ha carattere, voglia di vincere, non si arrende mai, lavora con grande passione ed entusiasmo, si vede che ci mette anche il cuore. Ed è un ottimo tecnico. Ecco, a dirla tutta, a volte parla un po’ troppo a voce alta, fuori dagli spogliatoi. Mi riferisco a qualche diatriba con la società. Meglio lavarli in famiglia i panni sporchi, secondo me. Ma mi piace eccome, sì, e mi ricorda Giagnoni. Si assomigliano molto per il loro modo di vivere la partita e di allenare senza darti mai un attimo di pausa. Sanguigni, impetuosi, caldissimi, istintivi. A Juric manca solo il colbacco, di Gustavo. Giagnoni, però, al terzo anno aveva iniziato a perdere il contatto con lo spogliatoio. Era entrato in conflitto con se stesso, non solo con alcuni calciatori. Era un po’ troppo nervoso in certi momenti. Ricordo per esempio i martedì, quando si analizzava la partita della domenica prima. Esagerava con le critiche: troppa aggressività. Esigente era sempre stato, ma cominciò ad attaccare al muro a turno un po’ troppi giocatori. Io ero giovane e stavo zitto. Ma soprattutto i più vecchi iniziarono a non sopportarlo più. Il nostro caro Giorgio... capitan Ferrini... cercava di mediare: mister, c’è modo e modo per dire le cose alla squadra, cerchi di essere un po’ più attento... Le cose non andavano molto bene anche per questo cattivo rapporto con la squadra, non a caso alla fine fu poi sollevato. Juric mi dà l’idea di avere invece il gruppo in pugno. Lo si vede benissimo da come parla e da come giocano i granata».  

Allegri invece ha dei problemi.  

«Sì, ma non esiste una squadra che giochi contro l’allenatore, perché prima di tutto i giocatori dovrebbero giocare contro loro stessi, volutamente. E non esiste. Il discorso è più complesso. Da fuori, mi pare evidente che in questo momento non funzionino più cose tra Allegri e il gruppo. Tra le idee di gioco, il modo di allenare e la gestione si è creato un distacco, direi, tra lui e la squadra. C’è qualcosa che non funziona tra loro, come se non gli credessero più abbastanza. Ed è qui che il Toro deve approfittarne. Provarci. Questo Toro garibaldino di Juric è una cosa viva ed è una cosa bella. Nella squadra si vede la voglia di fare, di migliorarsi. C’è lo spirito giusto e lo ha trasmesso Juric, che è un combattente nato e ha uno spirito da Toro. La Juve invece ha giocatori anche molto più forti, ma è come un’orchestra spesso incapace di suonare armonicamente. Uno strumento attacca prima del tempo, un altro comincia a suonare in ritardo. Il Toro no. Difficilmente si sente qualcosa di stonato. Ha meno classe, individualità, ma gioca meglio e gioca sempre da squadra. Deve solo trovare maggiore continuità».  

Ha jolly offensivi di qualità, ma segna poco: e questa sembra una condanna.  

«Vlasic e Radonjijc mi piacciono molto, sono due trequartisti che regalano spesso buone giocate, hanno i piedi buoni. Anche Miranchuk ha belle doti da sotto punta. Quello però che mi incuriosisce più di tutti è Radonjic. Vorrei capire quali siano le sue potenzialità di crescita. A inizio campionato, tra le vittorie sul Monza e la Cremonese grazie anche alle sue giocate e a un suo gol, mi dissi subito: accidenti, Ciccio, il Toro quest’anno ha preso un giocatore meraviglioso! Dribbling incontenibile, folate continue in attacco. Poi però si deve essere un po’ seduto, difatti ha anche perso il posto da titolare. E questo mi fa riflettere, perché penso alle parole del suo scopritore, Walter Sabatini, che lo aveva portato alla Roma. Ma poi l’avventura lì era finita male perché Radonjic aveva la testa troppo calda. Sabatini lo ha spiegato tante volte, dicendo però anche che Rado aveva qualità straordinarie. Temo che anche con Juric sia un po’ venuto fuori questo problema della continuità. Penso che Juric stia cercando di stimolarlo anche con le panchine perché dia il massimo. Se no un giorno gli dirà: amico mio, io ti voglio bene, ma se non cambi andrò avanti senza di te. Radonjic ci ha subito fatto innamorare tutti, noi tifosi. Poi è un po’ sparito. Ora è l’occasione giusta per spaccare, per segnare un gol da genio folle nel derby».  

Cairo ha preferito risparmiare, invece di sostituire Belotti. 

«Un errore. Andava trovato un altro attaccante. Se si fa male uno dei due, non c’è una riserva. Un rischio grandissimo. Hanno pensato: rinunciamo a un attaccante, tanto abbiamo molti trequartisti offensivi. Ma sono ragazzi di grande qualità, in testa Vlasic, che non hanno il killer instinct sotto porta. Sanabria ha buoni numeri e a Juric piace avere lui, visto come partecipa al gioco. Ma segna pochino. Mi aspetto di vedere un po’ di più Pellegri. Anche nel derby e anche da titolare, magari: perché no? Dobbiamo ancora capire se è carne o pesce. Ma se non lo facciamo giocare se non nei finali di partita, non lo scopriremo mai. Non riusciamo neanche a capire se ha superato quella sua fragilità muscolare. Pellegri potrebbe anche giocare in coppia con Sanabria, nel caso. Sono così diversi che potrebbero anche intendersi. Dobbiamo vedere come vanno di qui al Mondiale. Magari Pellegri esplode, chissà. Ma se non fosse così, a gennaio Cairo dovrebbe assolutamente comprare un bomber. Se no non riesci a migliorare le posizioni nella parte sinistra della classifica. E magari ti demoralizzi pure, se ogni volta fai una fatica dell’anima per segnare e vincere una partita. Il Toro, oggi, dovrebbe poter puntare al 7° posto. Ma per farlo, con questa rosa, avrebbe bisogno di una punta da almeno 15 gol a stagione».  

Lei ogni tanto parla con Cairo. 

«Vero. Ogni tanto ci sentiamo per telefono. Avrei dovuto dirgli di non farsi scappare quel Dovbyk, il centravanti della Nazionale ucraina».  

Lo avevano in mano.  

«Ora vediamo se Pellegri esplode. Se non esplode, e se Sanabria continua a segnare poco, prima di gennaio lo chiamo io Urbano».  

 
E cosa gli direbbe? 

«Ciao pres, sono Ciccio. Ti chiamo a nome di tutti i tifosi. Fai una cortesia a noi del Toro? Anche se tu sei bravissimo a guardare ai conti, una volta tanto spendi un po’ di più e prendici dei bei rinforzi a gennaio. Juric ti può far volare il Toro e ti valorizza i giocatori, ormai lo hai capito, pensa già solo a Bremer. Prendi un attaccante vero e vedrai che salto di qualità farà subito il Toro. Ti aiuto io, ti accompagno al supermercato per cercare un bomber, poi se hai delle difficoltà a spendere ti aiuteremo noi tifosi a fare la spesa, non ti preoccupare».  

A proposito di Bremer: sarà contro per la prima volta.  
«Pianelli non l’avrebbe mai venduto alla Juve, ma sono cambiati i tempi e non ha senso fare paragoni. L’ho apprezzato molto in granata, Bremer, e mi è dispiaciuto che sia andato via. Gli volevo bene. Ma per me oggi è diventato un avversario e basta».  

Più facile una sua autorete o un gol di qualche granata? Dopo Torino-Empoli, con tutte quelle occasioni sprecate... 

«Che il Toro sabato debba essere bravo a concretizzare quelle occasioni... di sicuro non molte... che lascerà la Juve è del tutto evidente, necessario. Se no non vai da nessuna parte. Devi essere spietato mentalmente, senza illusioni, sapendo di avere di fronte un avversario in grande crisi, che inizierà reagendo in modo furioso, bestiale. Mi preoccupo, ma fino a un certo punto. Questo Toro crea quasi sempre tante palle gol, Vlasic è uno dei trequartisti che tira di più in tutta la Serie A, c’è Miranchuk, c’è il mio Radonjic, c’è Sanabria, c’è Pellegri. Hanno tutti la giocata giusta nei piedi, volendo. Io mi preoccupo quando non costruisci il gioco e non arrivi mai davanti al portiere avversario: perché limiti così diventano insuperabili. Invece nel caso del Toro hai la sensazione che prima o poi questo incubo del gol che arriva poco si dissolverà all’improvviso. Il calcio è questo. Fai un gol, ti sblocchi, e dopo tutto diventa più facile. E ne segni altri perché giochi e tiri con uno spirito più sereno, leggero. Se il Toro riuscisse a battere la Juve e a superarla in classifica, il suo campionato potrebbe anche svoltare verso l’alto. Sai dopo che goduria nello spogliatoio, nell’ambiente? Avresti il morale alle stelle, inizierebbe un campionato nuovo».  

Un sogno.  

 «Sognare è bello, provarci è un dovere. Contro una Juve così, bisognerà fare di tutto per approfittarne. Spietati, una buona volta. Su, ragazzi: senza paura, questo derby può essere alla vostra portata. E uscite prima del tempo dallo spogliatoio, datemi retta. Fate casino nel tunnel, fate sentire ai bianconeri che non vedete l’ora di entrare in campo, di guardarli in faccia. Che avete voglia di vincere».

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