Ieri pomeriggio una scheggia del passato è piombata sul pianeta calcio, in modo forse non del tutto estemporaneo. Dalla puntata di Report, che andrà in onda lunedì, è stato estrapolato un esplosivo passaggio di un’intervista a Massimo Cellino, il quale parlava nelle vesti di ex presidente della Lega Calcio. Lo fu, pro tempore, nella turbolenta estate del 2006, quando tra gli effetti collaterali di Calciopoli c’erano state le dimissioni del presidente Adriano Galliani. Il vicepresidente Cellino, dunque, gestì la Lega in attesa della nomina di Matarrese. «Era un casino», dice Cellino di quel periodo in via Rosellini a Milano, per poi proseguire con una sconcertante rivelazione. «C’erano i faldoni con le documentazioni finanziarie che le squadre dovevano presentare per le iscrizioni al campionato. E c’era dentro di tutto: fideiussioni false, spese di viaggio scaricate dall’Irpef, documenti sballati. In pratica quasi nessuno poteva iscriversi al campionato. Così andammo nel piazzale giù, c’era un bidone di ferro così, buttammo tutto dentro e bruciammo tutto. L’indomani quando la Guardia di Finanza venne in sede, cercarono quel faldone, ma non trovarono un cazzo», conclude ridendo Cellino.
Fideiussioni false, documenti bruciati: il film di Calciopoli
E qui ci vorrebbe una pausa, un minuto di silenzio, non tanto per consentire a quella inopportuna risata di riecheggiare, quanto per riflettere sull’enormità di quanto riferito da Cellino: erano stati presentati documenti falsi o inadeguati per l’iscrizione ai campionati, documenti che potevano essere prove di reati, e sono stati bruciati per impedire alla Guardia di Finanza di entrarne in possesso. Bruciati. Documenti che potenzialmente potevano anche decretare il fallimento di una società (il Torino nel 2005 presentò in Lega una fideiussione falsa, che invece di essere bruciata diede inizio ai suoi guai, tanto per dire). Bruciati in un bidone con la trielina, come in un brutto film di gangster.