Atalanta da Scudetto, un'altra favola: i cinque motivi per cui può succedere

Dalla guida tecnica alla rosa, dalla società all'ambiente: la Serie A può vivere un'altra impresa incredibile

Quarantotto ore da affidare alla memoria, poi chissà. Magari prenderci gusto. Sono quelle che hanno visto l’Atalanta storica capolista solitaria della Serie A, in attesa di quanto farà questa sera il Napoli contro la Lazio. E se sarà controsorpasso, poco importa. A Bergamo i tifosi hanno ormai sdoganato la parola e dichiarato guerra alla scaramanzia. È iDea scudetto. Ecco cinque ragioni per crederci.

Gasperini, la big non ti chiama? E lui la costruisce

Gian Piero Gasperini è l’Atalanta. Non gli hanno dato una big (meglio: Massimo Moratti gli ha sfilato l’Inter da sotto il naso dopo tre panchine), se l’è costruita. Un processo che avrebbe potuto morire sul nascere, perché gli inizi a Bergamo nella stagione 2016-17 erano stati tutt’altro che semplici e si parlava di possibile esonero, con la squadra penultima. Poi la svolta nelle scelte degli uomini, la vittoria con il Napoli e la crescita fino al quarto posto finale. Miglior risultato della storia nerazzurra, punto di partenza e non di arrivo. Gasperini ha costruito nel tempo squadre con un Dna preciso, riportando in voga una marcatura a uomo che non è arretratezza bensì modernità. Un calcio fatto di ordine, aggressività, tecnica e coraggio. In cui i compiti sono ben chiari e la fantasia personale bene accetta. Gasp sa valorizzare il talento dei singoli (Gomez ieri, De Ketelaere oggi), lanciare i giovani (Ruggeri punto fermo, Scalvini sta per tornare) e rivitalizzare gli anziani (guardate il 31enne Kolasinac). Quelli che vanno via da Bergamo dicono che è troppo duro. Vero. Ma lui vince e loro, fuori dall’orbita nerazzurra, scivolano nell’anonimato.

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Atalanta

Investimenti oculati, panchina di campioni, società forte

Gli uomini, per l’appunto. L’Atalanta ha posto le attuali basi con le operazioni di Giovanni Sartori, quindi l’ad Luca Percassi e il ds Tony D’Amico hanno proseguito il lavoro, migliorandolo ulteriormente. Il club bergamasco sa vendere bene quanto valorizza e, soprattutto, investe meglio ciò che incassa. Con oculatezza. È la forza che ti permette di ingaggiare Retegui nel momento in cui si fa male Scamacca e di acquistare Bellanova all’ultimo momento, mettendo sul piatto i 25 milioni che hanno agevolmente convinto Urbano Cairo. Oggi Gasperini ha un organico con una alternativa in ogni ruolo e basti vedere i cambi che venerdì hanno tramortito il Milan: sono entrati Retegui (centravanti della Nazionale e capocannoniere della A), Samardzic (che giocherebbe titolare ovunque) e Kossounou (altro giovane da seguire). Questo fa ladiff erenza a lungo andare, in Italia e in Europa.

La forza della società, i numeri e l'ambiente

La forza della società è anche quella che consente di far capire a un giocatore (Lookman) che il Psg sarà magari bello, ma che le condizioni di un eventuale trasferimento sono imposte dal proprio club. Vista l’attualità, la decisione ha fatto bene a entrambi. Una decisione che dà la dimensione di una realtà ancorata nella provincia ma con una visione internazionale. E non soltanto per la presenza di soci statunitensi, che hanno in Stephen Pagliuca il volto più riconoscibile.

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Il trionfo in Europa League, il filotto di vittorie, l'attacco atomico

Avevamo detto del quarto posto 2017. Sembrava un traguardo non più eguagliabile, è arrivato il terzo dal 2019 al 2021. E dopo il deludente ottavo posto del 2022, è ripartita la crescita. In Italia e, soprattutto, in Europa. Qui l’Atalanta aveva fatto parlare di sé per le prestazioni (storico Guardiola: «Affrontarli è come andare dal dentista»), poi sono arrivati i risultati, come la straordinaria conquista dell’ultima Europa League. In campionato l’Atalanta vince da nove partite consecutive, in cui ha realizzato 27 dei 38 gol che ne fanno il migliore attacco della Serie A. L’ultima sconfitta in assoluto risale al 24 settembre (2-3 con il Como) e martedì arriva in Champions quel Real Madrid che vinse la Supercoppa il 14 agosto battendo 2-0 i nerazzurri. Nel frattempo, il mondo si è capovolto.

L'ambiente caldissimo e lo stadio di proprietà

La tifoseria atalantina era già passionale di suo, ora ha una casa che la esalta ulteriormente. La ristrutturazione ha reso il Gewiss Stadium l’impianto che ogni amante del calcio sogna di avere: a misura di spettatore sotto ogni aspetto. Il luogo ideale dove costruire imprese che, qualche tempo fa, sarebbe stato semplice follia immaginare.

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Quarantotto ore da affidare alla memoria, poi chissà. Magari prenderci gusto. Sono quelle che hanno visto l’Atalanta storica capolista solitaria della Serie A, in attesa di quanto farà questa sera il Napoli contro la Lazio. E se sarà controsorpasso, poco importa. A Bergamo i tifosi hanno ormai sdoganato la parola e dichiarato guerra alla scaramanzia. È iDea scudetto. Ecco cinque ragioni per crederci.

Gasperini, la big non ti chiama? E lui la costruisce

Gian Piero Gasperini è l’Atalanta. Non gli hanno dato una big (meglio: Massimo Moratti gli ha sfilato l’Inter da sotto il naso dopo tre panchine), se l’è costruita. Un processo che avrebbe potuto morire sul nascere, perché gli inizi a Bergamo nella stagione 2016-17 erano stati tutt’altro che semplici e si parlava di possibile esonero, con la squadra penultima. Poi la svolta nelle scelte degli uomini, la vittoria con il Napoli e la crescita fino al quarto posto finale. Miglior risultato della storia nerazzurra, punto di partenza e non di arrivo. Gasperini ha costruito nel tempo squadre con un Dna preciso, riportando in voga una marcatura a uomo che non è arretratezza bensì modernità. Un calcio fatto di ordine, aggressività, tecnica e coraggio. In cui i compiti sono ben chiari e la fantasia personale bene accetta. Gasp sa valorizzare il talento dei singoli (Gomez ieri, De Ketelaere oggi), lanciare i giovani (Ruggeri punto fermo, Scalvini sta per tornare) e rivitalizzare gli anziani (guardate il 31enne Kolasinac). Quelli che vanno via da Bergamo dicono che è troppo duro. Vero. Ma lui vince e loro, fuori dall’orbita nerazzurra, scivolano nell’anonimato.

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