Inzaghi-Inter, film di seconda visione: manca sempre un piano B

Rispetto al suo arrivo a Milano l’allenatore non si è evoluto: frenata dopo la sosta, come un anno fa e 6 punti in meno
Inzaghi-Inter, film di seconda visione: manca sempre un piano B© Claudio Zamagni

MILANO - Un film già visto. Per l’Inter e soprattutto per Simone Inzaghi. La frenata di questo avvio di 2023 con i tanti - ben dieci - punti persi fra Monza, Empoli, Sampdoria e Bologna, ricorda in tutto e per tutto il percorso effettuato anche lo scorso anno. E se nel 2022 il rallentamento, per altro più corposo a livello di punti (13 nelle prime nove giornate dell’anno contro i 17 conquistati oggi), era costato lo scudetto, nel 2023 rischia di condizionare la corsa alla zona Champions. E’ vero che l’Inter ha cominciato l’anno sconfiggendo il Napoli - unica finora in Serie A a riuscirci -, ma la distanza dagli azzurri era comunque importante e il cammino degli uomini di Spalletti è poi tornato a essere devastante. Lo scudetto era stato gettato al vento nella prima parte del campionato, con 5 sconfitte in 15 giornate, ma l’aver rallentato dopo il successo col Napoli ha avuto un effetto simile all’anno scorso: dodici mesi fa l’Inter poteva andare in fuga e prendersi la seconda stella; oggi i nerazzurri potevano essere saldamente al secondo posto e sentirsi già in Champions nel ’23-24. Invece…

Quante similitudini

L’Inter ’23-23 ha conquistato 47 punti, sei in meno rispetto ai 53 che aveva messo insieme nelle stesse giornate del campionato ’21-22. Ed è clamoroso il parallelismo fra le due stagioni. Anche un anno fa l’Inter cominciò con un bel successo casalingo contro una diretta concorrente (la Lazio), per poi lasciare punti con Sassuolo (ko in casa), Genoa e Torino (due pareggi), oltre al famoso derby del “si è girato Giroud” che cambiò l’inerzia del torneo. Nel 2022 vinse la Supercoppa italiana contro la Juventus, mentre un mese e mezzo fa è arrivata l’affermazione sul Milan. Gli ottavi di Coppa Italia un anno fa furono superati a fatica ai supplementari con l’Empoli (stavolta il Parma), mentre nei quarti ci fu un’affermazione più netta (Roma ieri, Atalanta oggi). E poi la Champions: nell’andata degli ottavi per 70 minuti l’Inter giocò alla pari con il fortissimo Liverpool - poi finalista -, capitolando nel finale; la settimana scorsa ha invece vinto col Porto. Il “Simone Inzaghi II” è dunque per certi versi simile al primo. L'allenatore non è riuscito finora a far fare uno scatto alla squadra, tecnico, ma anche caratteriale con errori che si ripetono, approcci sbagliati e cali di tensione dopo i grandi big-match; ma neanche a se stesso. L’Inzaghi di oggi sembra lo stesso dell’estate 2021 quando arrivò a Milano. Non c’è stata un'evoluzione concreta, una crescita come quella che per esempio avuta da Pioli al Milan. Il tecnico rossonero dai momenti di difficoltà è uscito dal fosso portando delle novità, ha cambiato il suo Milan dal 4-3-3 al 4-2-3-1 dopo la batosta di Bergamo nel dicembre 2019 o all’attuale 3-4-2-1 dopo la crisi di inizio anno. Inzaghi suona lo stesso spartito, si affida quasi sempre agli stessi uomini con un ridotto turnover (accadeva anche alla Lazio) e continua a mancare quel "piano B" per andare contro il vento avverso. Certo, l'allenatore ha i suoi alibi ed è giusto rimarcarli: non ha quasi mai avuto Brozovic e Lukaku; ha perso Perisic (ma pure Sanchez) che dalla sinistra sapeva creare gioco e superiorità numerica; il mercato estivo ha lasciato inizialmente scorie in Bastoni e Skriniar. I successi con Udinese e Porto sembravano finalmente aver riportato l'Inter sui binari corretti; la caduta di Bologna ha invece riproposto i vecchi fantasmi di un film già visto e che non può non essere evidenziato.

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