Juventus, perché Paratici lascia (e potrebbe tornare)

È stata una conferenza che ha ricordato molto quella di Allegri. E Agnelli è stato chiaro: «Non paga il ritorno di Max e nessun altro caso». La commozione di Paratici e il futuro in Inghilterra
Juventus, perché Paratici lascia (e potrebbe tornare)© www.imagephotoagency.it

TORINO - Commozione, risate e ricordi: undici anni di Juventus sono un grumo di emozioni che si blocca nella gola di Fabio Paratici, costretto un paio di volte a fermarsi per trattenere le lacrime, durante la sua conferenza stampa di addio. Prima il ringraziamento di Andrea Agnelli, che parte citando il bloc notes di Palazzo Parigi, ovvero la sede milanese della Juventus, quartier generale di Paratici in tempo di mercato. Ma sono tanti i riferimenti intimi fra i due, a dimostrare un rapporto che è andato oltre la questione strettamente professionale ed è sconfinato nell'amicizia umana. «Penso che alla Juventus sia arrivato un ragazzo e vada via un uomo, col grande pregio della curiosità. Un uomo istintivo, che segue il suo talento, ma anche responsabile», dice Andrea prima di abbracciare Paratici e consegnargli una targa che celebra i suoi anni in bianconero.

Paratici come Allegri

Il clima ha ricordato a tutti quello con cui Agnelli aveva salutato Massimiliano Allegri, che due anni dopo è di nuovo alla Juventus. Ci sarà un ritorno anche per Paratici? È possibile, forse addirittura probabile, ma non sarà a così breve scadenza. Paratici adesso è atteso da un avventura in Inghilterra, il Tottenham è la soluzione più calda in questo momento, e i cicli dirigenziali sono più lunghi. Ma il legame con Agnelli e, soprattutto, con il club resta fortissimo per il dirigente che più di una volta ha sottolineato come «passare alla Juventus è una grande fortuna per quello che si impara a livello di educazione, mentalità, determinazione, cultura del lavoro».

Perché si è consumato il divorzio: il dubbio

Resta il dubbio sul perché, di fronte a tanta commozione e amicizia, si sia consumato il divorzio. Agnelli dice: «A fine stagione abbiamo avuto una lunga chiacchierata nel mio ufficio: è stato naturale convenire che forse era il momento di chiudere e aprire un percorso diverso». Mancanza di stimoli? Forse un poco: stare alla Juventus e nella posizione di Paratici logora in modo sovrumano e Fabio, da un po' di tempo, un po' di stanchezza la sentiva, per quanto sempre soverchiata dalla smania di fare, decidere, non stare con le mani in mano. Contrasti interni? Pare di no, visti i saluti e la secca smentita di Agnelli che l'arrivo di Allegri abbia comportato in automatico l'addio a Paratici. Resta la vecchia filosofia del presidente: cambiare sempre prima di essere costretti a farlo. E la forza della Juventus, in questi undici anni, è sempre stata la capacità di cambiare: in campo e fuori. Poi non sempre si può azzeccare tutto, ma fra i motivi di un ciclo così mostruosamente lungo vanno cercati proprio nel cambiamento continuo.

I perché della separazione

Paratici, insomma, non sembra un dirigente mandato via perché «ha sbagliato qualcosa», come si legge da più parti, elaborando illazioni assortite su quale sia, la cosa. Ha certamente commesso degli errori, alcuni dei quali possono aver pesato nella decisione. Ma ridurre tutto a «se ne va perché ha sbagliato Sarri» è un po' semplicistico e riduttivo. La Juventus cambia perché è convinta che solo così si può continuare a vincere, alimentando la macchina con altri stimoli, diverse motivazioni, nuove responsabilità.

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