Allegri, un anno (poco) al Max: dodici mesi difficili

Il 28 maggio 2021 la Juve annunciava il ritorno del tecnico. Risultati mancati e ko dei giocatori, ma ci sono le basi da cui ripartire
Allegri, un anno (poco) al Max: dodici mesi difficili© ANSA

TORINO - Un anno di Massimiliano Allegri. Dodici mesi fa, il 28 maggio 2021, la Juventus annunciava il ritorno del tecnico da cui si era separato - abbastanza a sorpresa - nel 2019. Prima un paio di indizi disseminati sui social: la cartina del Minnesota (con riferimento all’aneddoto sul cavallo su cui Max voleva scommettere quando, da bambino, andava con il nonno all’ippodromo di Livorno) e un cappotto gettato a terra (quello lanciato quando si arrabbiò perché il Carpi aveva sfiorato il pareggio). Poi le parole ufficiali - “Ripartiamo insieme. Ripartiamo con Max. Bentornato a casa, Mister”- giunte dopo aver congedato in mattinata Andrea Pirlo. Una seconda avventura, come era capitato in tempi recenti a Giovanni Trapattoni e a Marcello Lippi. Un nuovo inizio, certificato da un contratto quadriennale e da una sorta di carta bianca concessa dalla società. Un passo cui la Juventus si era decisa, dopo aver provato con Maurizio Sarri la carta del cosiddetto “giochismo” e con Pirlo la carta del talento di casa da lanciare nel calcio che conta. Con il primo era arrivato uno scudetto, con il secondo una Supercoppa italiana e una Coppa Italia. Per entrambi, l’eliminazione agli ottavi in Champions League in incroci apparentemente alla portata con Lione e Porto. I risultati erano comunque giunti, ma la gestione dello spogliatoio non aveva convinto la dirigenza fino in fondo.

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Il ritorno di Allegri rappresentava uno dei tre tasselli della rivoluzione bianconera, cui aggiungere la nomina di Maurizio Arrivabene come amministratore delegato e la staffetta tra Fabio Paratici e Federico Cherubini come uomo mercato.  Dodici mesi dopo, il bilancio sportivo non è con Allegri. In campionato è stato centrato l’obiettivo minimo, con la posizione in zona Champions raggiunta con buon anticipo. Ma la corsa in Europa si è di nuovo fermata agli ottavi (stavolta con il Villarreal, ottima squadra ma non una big), mentre le finali tricolori sono state perse, sempre con l’Inter: prima la Supercoppa, quindi la Coppa Italia. Un cammino su cui hanno inciso la partenza complicata a inizio stagione e gli infortuni (anche seri: vedi solo il crociato saltato a Federico Chiesa) che hanno quasi sempre impedito di avere il migliore organico a disposizione. Eppure, in una società in cui l’unica cosa che conti è vincere, in questa stagione c’è stata una deviazione dalla filosofia di fondo.

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E Allegri, nonostante i risultati meno felici dei predecessori, può impostare con serenità la prossima annata. Questo perché la proprietà (non solo il presidente Andrea Agnelli, ma anche il cugino John Elkann, presidente di Exor, la holding di cui la Juventus fa parte) è sempre stata convinta della scelta, presa con l’obiettivo di gestire una situazione di transizione che si sapeva complicata: dall’addio rocambolesco di Cristiano Ronaldo a un mercato di poche operazioni, passando da una squadra non totalmente in linea con la storia del tecnico, in cui alcuni degli elementi già conosciuti non hanno inoltre reso secondo le aspettative.  Ma il lavoro fatto sui singoli, la ricostruzione di uno spirito Juve e la serie positiva di sedici partite, interrotta dalla sconfitta interna con l’Inter, hanno deposto a favore di Allegri, al di là dell’importante contratto in essere. Oggi si archivia l’anno uno della seconda esperienza torinese, il club si è già mosso a gennaio con decisione sul mercato per mettere mano al gruppo. E le tendenze estive fanno intuire che continuerà l’opera di revisione della squadra, per costruirla a immagine e somiglianza del tecnico. Tra dodici mesi analizzeremo.  

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TORINO - Un anno di Massimiliano Allegri. Dodici mesi fa, il 28 maggio 2021, la Juventus annunciava il ritorno del tecnico da cui si era separato - abbastanza a sorpresa - nel 2019. Prima un paio di indizi disseminati sui social: la cartina del Minnesota (con riferimento all’aneddoto sul cavallo su cui Max voleva scommettere quando, da bambino, andava con il nonno all’ippodromo di Livorno) e un cappotto gettato a terra (quello lanciato quando si arrabbiò perché il Carpi aveva sfiorato il pareggio). Poi le parole ufficiali - “Ripartiamo insieme. Ripartiamo con Max. Bentornato a casa, Mister”- giunte dopo aver congedato in mattinata Andrea Pirlo. Una seconda avventura, come era capitato in tempi recenti a Giovanni Trapattoni e a Marcello Lippi. Un nuovo inizio, certificato da un contratto quadriennale e da una sorta di carta bianca concessa dalla società. Un passo cui la Juventus si era decisa, dopo aver provato con Maurizio Sarri la carta del cosiddetto “giochismo” e con Pirlo la carta del talento di casa da lanciare nel calcio che conta. Con il primo era arrivato uno scudetto, con il secondo una Supercoppa italiana e una Coppa Italia. Per entrambi, l’eliminazione agli ottavi in Champions League in incroci apparentemente alla portata con Lione e Porto. I risultati erano comunque giunti, ma la gestione dello spogliatoio non aveva convinto la dirigenza fino in fondo.

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