Quella maglia di Bonucci a Furino

Quella maglia di Bonucci a Furino© Juventus FC via Getty Images

Giuseppe Furino ha compiuto 76 anni il 5 luglio scorso. Il 22 febbraio, a Moncalieri, era stato colpito da un’emorragia cerebrale che aveva fatto temere fortemente per la sua vita. Lui non si è mai arreso: resa è sempre stato un vocabolo sconosciuto al ragazzo di Palermo che un giorno avrebbe fatto un tunnel a Sivori (“Da mezz’ora tentava di farlo a me, se l’è cercata”) e poi, fra gli altri, avrebbe marcato Bulgarelli, Rivera, Mazzola. Vladimiro Caminiti, ribattezzandolo Furia-Furin-Furetto, di lui scrisse: «Nella sua storia leggendaria la Juve ha avuto eccelsi gregari. Ma nessuno all’altezza di questo nano portentoso, incontrista e cursore, immenso agonista, indomabile nella fatica, i piedi come uncini dolorosi in certe circostanze”. Sedici le stagioni consecutive, di cui 7 da capitano, 534 presenze, 19 gol, 8 scudetti, 1 Coppa Uefa, 1 Coppa delle Coppe, 2 Coppe Italia, 2 finali di Coppa dei Campioni, vicecampione del mondo nel ‘70 in Messico con l’Italia. Raccontò una volta Furino: “Capitano sì, bandiera no. Non mi è mai piaciuto l’accostamento con le bandiere che stanno alte in cima a un pennone. Io stavo rasoterra, a lottare”. È sempre stato un uomo di parola, il pupillo di Renato Cesarini ai tempi del vivaio bianconero, quando cominciava a mostrare che lui e la fatica erano fatti l’uno per l’altra. Non ha mai smesso di lottare, Furino. In campo e fuori dal campo, contro il dolore fisico e contro il dolore che si porta dentro l’anima da quel giorno di marzo 2021, quando morì l’amatissima moglie Irene, portata via dal Covid a 74 anni. Raccontò al Corriere della Sera: “Mi sento in colpa, il virus l’ho portato io in casa e ho contagiato tutti. Questo è il mio senso di colpa infinito. Sono confuso, è successo tutto così in fretta, la situazione è precipitata e ci ha contagiato tutti. Il mio dolore è indescrivibile”.

Oggi, per muoversi deve usare una carrozzina, ma figurarsi se si possa fermare uno come lui. Così, tre giorni fa, Furino si è fatto accompagnare a Villar Perosa: voleva esserci a tutti i costi, alla partita dell’iniziazione stagionale bianconera, un appuntamento che non aveva mai mancato quand’era giocatore. Ed è a Villar che il Capitano di ieri ha ricevuto il toccante omaggio del Capitano di oggi. Leonardo Bonucci gli ha donato la sua maglia, trattenendo a stento la commozione: “Ci tenevo a farlo, ci tenevo a regalare la mia maglia a Furino, una bandiera, un capitano, un monumento della storia juventina”.

Bonucci ha toccato il cuore di chi ha assistito alla scena e di chi l’ha rivissuta in tv, sui social, vedendo e rivedendo quell’immagine che parla da sola e dice molte cose. Dice di un uomo che appartiene alla storia della Juve, quindi del calcio; dell’altro, che oggi porta la fascia un tempo sua e, pubblicamente, s’inchina al suo coraggio, alla sua forza, al suo carattere. Da Capitano a Capitano, Bonucci ha fatto la cosa giusta al momento giusto. E pensando a Furino, tornano in mente alcuni passi di Invictus, la poesia di William Ernest Henley: “...La minaccia degli anni/ mi trova e mi troverà senza paura/. Non importa quanto sia stretto il passaggio/ quanto piena di castighi la vita/ io sono il padrone del mio destino/ io sono il capitano della mia anima”. Buona domenica, Furia

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