Juve, serve tempo ma non c’è: Allegri e la squadra in cantiere

Squadra molto rinnovata, innesti last minute e infortuni complicano l’avvio. Il calendario però impone di trovare in fretta efficacia e solidità
Juve, serve tempo ma non c’è: Allegri e la squadra in cantiere© Getty Images

TORINO - «Quanto tempo ti occorre?». «Il tempo che puoi darmi». Il dialogo tra Theoden e Aragorn in uno dei momenti clou di “Le due torri”, secondo capitolo del Signore degli anelli cinematografico di cui quest’anno ricorre il ventennale, si adatta bene all’attuale momento della Juventus di Massimiliano Allegri. Che per assemblare una squadra profondamente cambiata (in meglio, in due reparti su tre, ma cambiata) ha bisogno di tempo, ma dovrà riuscire a farsi bastare quel poco che un calendario compresso come mai gli concederà. Pena il rischio di trovarsi pericolosamente staccato dal vertice alla ripresa del campionato dopo il Mondiale e di compromettere il passaggio del turno in Champions League.

Serve tempo...

Almeno un po’, di tempo, ad Allegri però ne serviva e ne serve. All’indomani della chiusura del mercato, su Tuttosport abbiamo sottolineato come la società abbia costruito «La Juve di Max, ribaltata in otto mesi», evidenziando i sei cambi tra la “squadra ideale” del settembre 2021 e la “squadra ideale” di adesso. Sei cambi, due per reparto: Bremer e Gatti, o Bonucci considerando l’undici titolare, per De Ligt e Chiellini; Pogba e Paredes per Locatelli (o Rabiot) e Bentancur; Di Maria e Vlahovic per Dybala e Morata. Sei cambi (ai quali aggiungere gli innesti di Miretti, Kostic e Milik), per quanto quasi sempre migliorativi (quasi sempre perché Bremer e Gatti non sono al livello di De Ligt e Chiellini), richiedono però tempo per essere assorbiti. Tanto più che alcuni sono stati piuttosto recenti: Paredes, l’uomo destinato a dettare i tempi, è sceso in campo a Firenze due giorni dopo essersi presentato ai nuovi compagni, Milik è arrivato poco più di una settimana fa, Kostic da meno di un mese. Una situazione che ricorda un po’ l’inizio della stagione 2015-16, quando la Juventus, anche allora guidata da Allegri, aveva cambiato moltissimo (peraltro perdendo Pirlo, Vidal e Tevez) e iniziato anche decisamente peggio di adesso, con appena una vittoria, due pareggi e due sconfitte nelle prime cinque giornate. Tra l’altro il giocatore che più degli altri deve garantire la continuità con il passato e trasmettere un certo tipo di mentalità, Bonucci, e i due acquisti che più degli altri possono alzare la qualità della squadra bianconera, Pogba e Di Maria, sono stati tutti vittime di infortuni. Pogba non ha ancora giocato e non lo farà prima di ottobre, Di Maria e Bonucci si sono fermati dopo il Sassuolo rientrando il primo con lo Spezia e il secondo a Firenze.

...ma anche svoltare in fretta

Proprio al Franchi, il turnover necessario giocando ogni tre giorni e gli acciacchi di Rabiot hanno portato Allegri a schierare un centrocampo inedito, col debuttante Paredes tra Locatelli e McKennie, al posto del terzetto formato dall’azzurro, Rabiot e Miretti che aveva funzionato bene con Roma e Spezia. Debutto dall’inizio anche per Milik in attacco. Le cose hanno funzionato per una mezzora, durante la quale McKennie ha sprecato l’occasione del 2-0 rinunciando a calciare da ottima posizione, poi il pressing viola ha messo in evidenza i limiti di intesa dei bianconeri, finiti schiacciati nella propria metà campo e apparsi nettamente meno reattivi dei rivali (problema di cui parliamo nella pagina a fianco). Così la Juve vista nell’ultima ora di gioco al Franchi ha rivaleggiato con quella che aveva pareggiato con la Sampdoria a Marassi per meritarsi l’etichetta di peggiore della stagione. E non è una questione estetica: nei primi cinque anni di Allegri ci sono state partite in cui la squadra lasciava possesso e campo, ma dando la sensazione da un lato di poter essere pericolosa ogni volta che riconquistava palla, dall’altro che gli avversari avrebbero potuto giocare per 180 minuti senza riuscire a tirare. In queste prime cinque giornate invece la Juve ha effettuato 52 tiri e ne ha subiti 59 (dati Wyscout): bilancio negativo frutto degli alti e bassi mostrati. Alti e bassi, sì, perché la Juventus 2022-23 ha mostrato anche alti (tanto che, in attesa di Monza-Atalanta, è a -2 dalla vetta): alla prima di campionato contro il Sassuolo, con l’eccezione di sette-otto minuti di sbandamento prima del cooling break del primo tempo, alla terza contro la Roma, quando per un’ora ha dominato il campo, nelle fasi iniziali contro Spezia e Fiorentina. Sprazzi di quello che può essere. Perché quegli sprazzi diventino la normalità occorre tempo, ma il calendario ne offre poco perché nei prossimi due mesi la Juventus si gioca 30 punti in Serie A e l’accesso agli ottavi di Champions: Allegri deve riuscire a farselo bastare, come Theoden in quella scena di “Le due torri”.

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