È giusto che la Juventus non venga travolta dall’onda emotiva degli sconcertati tifosi: la solidità di un club si misura anche in questi casi e andrebbe sempre tenuto a mente quel piccolo dettaglio di avere la stessa proprietà da un secolo, durante cui la Juventus è diventata uno dei club più titolati del mondo.
Tuttavia il presente riporta a una realtà, tutt’altro che virtuale, di prestazioni inquietanti, di Champions seriamente compromessa, di sconfitte brucianti. Uno scenario causato da tre gravi carenze: 1. manca un’impronta di gioco (va bene non esagerare con la tattica, ma è evidente che i giocatori necessitino di qualche indicazione in più); 2. manca la forma fisica (se si assume che il gruppo sia sano e non abbia giocato “contro”, dalla velocità assai blanda tenuta in campo bisogna desumere che c’è un problema atletico); 3. manca il carattere (la squadra si impaurisce di fronte alla prima difficoltà, anche minima). Se Allegri viene confermato è perché la società crede nella sua capacità di risolvere i tre problemi. Da fuori, alla luce di quanto visto finora, è lecito avere dei dubbi. Più che #Allegriout è più un #Allegriboh.
Questo non toglie responsabilità ai giocatori, che anche ieri non hanno dato dimostrazione di particolare attaccamento alla maglia che qualcosa è diverso dal mortificato autodafé davanti alla curva e andrebbe espresso in campo, durante la partita, in ogni contrasto, in ogni azione, in ogni corsa dietro all’avversario. Le conferenze stampa di presentazione e le interviste sono zeppe di retorica sull’importanza di giocare per la Juventus, vista la partita di ieri, forse sarebbe meglio conservare il fiato per correre un po’ di più.