Allegri, troppi cambi tra ruoli e moduli. Così non funziona!

TORINO - La crisi di una squadra di calcio professionistico, soprattutto se si chiama Juventus, deve essere analizzata con freddezza, senza indulgere a quelle reazioni passionali che questo sport bellissimo inevitabilmente suscita. L’emotività annebbia non soltanto la mente, ma produce sovente risposte inadeguate, suscettibili di aggravare i problemi anziché risolverli. Quello della Juventus, a mio parere, non è (non solo) un problema di mancanza di impegno dei giocatori o di non apprezzabile attaccamento alla maglia: si tratta, invece, di una conclamata e da tempo perdurante crisi tecnica. La stagione in corso non è che la prosecuzione in pejus di quanto già ripetutamente e costantemente visto in quella precedente: un gruppo che, al di là degli avvicendamenti, non riesce in alcun modo a essere “squadra”, vale a dire uno schieramento nel quale ognuno si lega agli altri, segue uno spartito ben definito (qualunque sia) e, soprattutto, pone le proprie capacità individuali al servizio dell’obbietivo sportivo comune. Oltre a questo non risibile e fondamentale dettaglio, nuociono e creano problemi i cambi ripetuti di ruolo e di modulo (Haifa docet), quasi che bastino da sole le qualità individuali dei singoli a risolvere le partite.

Calciatori che lo scorso anno condividevano questi problemi, inseriti in un gioco “di squadra” in altre competizioni, hanno fornito ripetutamente prestazioni mai viste in bianconero. Molto probabilmente, il gruppo non riesce più a seguire, non per cattiva volontà, le idee del proprio allenatore essendosi generata una sostanziale incompatibilità tecnica e di intenti. In campo mancano leggerezza,serenità, pianificazione tattica (movimenti con e senza palla, sovrapposizioni e pressing organizzato): tutti ingredienti che ritroviamo in altre squadre meno quotate e con rose certamente non superiori a quella juventina. Pure le (non tantissime) vittorie hanno lasciato una sensazione di incompiutezza e di provvisorietà, come fossero solo episodiche. Nel calcio, dopo lunghi periodi di successi, questo accade (il Barcellona ante Xavi e, ora, il Liverpool di Klopp), ne sono esempi lampanti e non richiede inutili processi, ma lucide decisioni che prendano atto di una crisi tecnica radicata. La illuminata dirigenza della Juventus già tre anni fa ne aveva avuta la percezione, tentando nuove strade (Sarri, Pirlo) con risultati certo non disprezzabili, se confrontati con quelli di queste ultime deprimenti stagioni.

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