Sarri-Juventus, perché non funzionò? Retroscena su Ronaldo e Chiellini

Nel 2019-20 doveva essere l’uomo della svolta, ma i sogni di Sarriball durarono pochi mesi
Sarri-Juventus, perché non funzionò? Retroscena su Ronaldo e Chiellini© Getty Images

TORINO - Classifica alla mano, con la Lazio lassù in alto - seconda - conquistatrice di punti e dispensatrice di buon gioco, la domanda torna a sorgere spontanea: ma perché alla Juventus la scintilla con Maurizio Sarri non era scoccata? Perché dopo un anno il tecnico toscano e il suo Sarriball sono stati scortati alla porta, sia pure con uno Scudetto appena vinto? Eppure con i biancocelesti, che sono gruppo assai meno costoso ed in teoria meno “forte”, i risultati sono ottimi... Ecco, il punto in realtà è che la scintilla tra Sarri e la Juventus è scoccata eccome. Ma ha fatto deflagrare un bel po’ di equilibri portando, di conseguenza, a tutta una serie di problemi e difficoltà e mal sopportazioni reciproche che soltanto per un soffio non han fatto saltare il banco già a stagione in corso e che poi, a fine annata, hanno reso inevitabile la strada dell’addio. Pronti via, le difficoltà non sono mancate. Anche di forza maggiore, come ad esempio la polmonite che colpì Sarri subito dopo il ritorno dalla tournée in Cina e lo costrinse a stare un po’ fermo e poi a dirigere gli allenamenti “da remoto”. A quei tempi, però, i primi segnali iniziavano a manifestarsi in ambito comunicazione e immagine: ad esempio a Singapore, dopo la classica domanda sulla bellezza dei luoghi fatta dagli organizzatori, il tecnico spiegò abbastanza seccamente che lui non lo sapeva mica come fosse la città, visto che sarebbe stato in albergo tutto il tempo... E di lì a poche settimane, sempre per la gioia del marketing bianconero, ebbe a che ridire sulle seconde maglie colorate: «Per me il rispetto della tradizione è sacro». Eppoi le lamentele per il calendario, le polemiche continue in conferenza stampa. Insomma: non esattamente roba da stile Juve.  

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Sarri-Juventus, il problema più grande

Ma fin qui siamo all’apparenza, il problema più grosso e insormontabile era legato alla sostanza. Al rapporto con i giocatori, molti dei quali non ce l’avevano tutta questa voglia di reinventarsi mettendosi al servizio del Sarriball e degli schemi, facendo fior di movimenti senza palla. Così come non smaniavano dall’entusiasmo per certi modi bruschi con cui venivano impartite loro determinate indicazioni. Magicamente, mano a mano, agli allenamenti cominciavano a far discutere alcune assenze. Cristiano Ronaldo, in particolar modo, aveva preso l’abitudine di allenarsi per lo più da solo saltando buona parte delle sedute tattiche. Anche Chiellini, altro pilastro dello spogliatoio, non era sempre presente. E altri elementi, che pure materialmente erano in campo, si sentivano poco coinvolti. Sarri era abituato a demandare il dialogo con i singoli ai suoi collaboratori. Insomma, già a fine ottobre si cominciava a capire che tutti i grandi progetti di rivoluzioni tattiche, di calcio europeo, di svolta epocale erano destinati ad essere accartocciati e gettati via. Sarri se lo pose il dubbio, ne parlò con lo staff: qua o ci dimettiamo oppure scendiamo a compromessi e vinciamo lo Scudetto, ma non da eroi... Si optò per la seconda ipotesi, provando a limitare i danni. Missione in fin dei conti compiuta, con il tecnico che comunque è entrato nella storia del calcio italiano. «Se avete vinto con me, siete forti», ha scherzato Sarri con il gruppo dopo il decisivo successo contro la Sampdoria.

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TORINO - Classifica alla mano, con la Lazio lassù in alto - seconda - conquistatrice di punti e dispensatrice di buon gioco, la domanda torna a sorgere spontanea: ma perché alla Juventus la scintilla con Maurizio Sarri non era scoccata? Perché dopo un anno il tecnico toscano e il suo Sarriball sono stati scortati alla porta, sia pure con uno Scudetto appena vinto? Eppure con i biancocelesti, che sono gruppo assai meno costoso ed in teoria meno “forte”, i risultati sono ottimi... Ecco, il punto in realtà è che la scintilla tra Sarri e la Juventus è scoccata eccome. Ma ha fatto deflagrare un bel po’ di equilibri portando, di conseguenza, a tutta una serie di problemi e difficoltà e mal sopportazioni reciproche che soltanto per un soffio non han fatto saltare il banco già a stagione in corso e che poi, a fine annata, hanno reso inevitabile la strada dell’addio. Pronti via, le difficoltà non sono mancate. Anche di forza maggiore, come ad esempio la polmonite che colpì Sarri subito dopo il ritorno dalla tournée in Cina e lo costrinse a stare un po’ fermo e poi a dirigere gli allenamenti “da remoto”. A quei tempi, però, i primi segnali iniziavano a manifestarsi in ambito comunicazione e immagine: ad esempio a Singapore, dopo la classica domanda sulla bellezza dei luoghi fatta dagli organizzatori, il tecnico spiegò abbastanza seccamente che lui non lo sapeva mica come fosse la città, visto che sarebbe stato in albergo tutto il tempo... E di lì a poche settimane, sempre per la gioia del marketing bianconero, ebbe a che ridire sulle seconde maglie colorate: «Per me il rispetto della tradizione è sacro». Eppoi le lamentele per il calendario, le polemiche continue in conferenza stampa. Insomma: non esattamente roba da stile Juve.  

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