TORINO - Gli ultimi giorni, con il ritorno in auge dell’ormai celeberrima “carta Ronaldo”, inseguita e cercata come il Sacro Graal, hanno esibito alcune delle più insidiose sfaccettature del concetto di gogna mediatica. Un perverso meccanismo che si innesca e che si alimenta in maniera sempre più voluminosa al crescere del prestigio dei soggetti in causa. E così, appunto, giornali e tv sono tornati ad accogliere tra le notizie principali i supposti aggiornamenti intorno alla suddetta carta. Perché la Juventus, si sa, fa rumore. Come fa rumore una figura ingombrante quale Cristiano Ronaldo. E poco importa se il prezioso documento, in realtà, ai fini dell’inchiesta racconta poco e niente.
Non che il foglio in questione sia privo di rilevanza in senso assoluto, intendiamoci. Ma, al proprio interno, non cela nulla che già non fosse di dominio pubblico. Si tratta, semmai, dell’ennesima e ulteriore prova del fatto che la rinuncia ad alcune mensilità da parte dei calciatori bianconeri, manovra che aveva alleviato i bilanci della società nell’immediato, era in realtà uno slittamento parziale e comunque legato a variabili. In ogni caso, essendo stati presi impegni con l’intera rosa, quelle somme sarebbero dovute essere prudenzialmente registrate come rischi in attesa del verificarsi (o meno) delle suddette situazioni. Intorno a questo nocciolo si annida buona parte della contesa tra l’accusa e la difesa, ma non si tratta certo una scoperta odierna. La “carta Ronaldo”, al massimo, ci racconta di cifre in grado di impressionare l’opinione pubblica – si parla di quasi 20 milioni di euro in ballo – a causa del faraonico stipendio percepito dal portoghese. Ma, anche in questo caso, per appurare che l’ingaggio del numero 7 fosse particolarmente ricco non serviva di sicuro questa rivelazione.