Il giorno dopo il Mondiale
La forza dello staff bianconero secondo Federico Chiesa. “Quando mi portava l’autista e avevo le stampelle pensavo che non sarebbe passato più, invece sono già qua che metto le scarpette. Il lavoro è stato di tutti. Ho capito che c’era sintonia con il fisioterapista quando il giorno dopo che siamo usciti dal Mondiale e mi hai rimandato a casa perché non c’ero a livello psicologico”.
Chiesa dallo psicologo
Stimolante l’incontro tra Federico e lo psicologo della Juventus, il prof. Giuseppe Vercelli. “Rientrare in campo per provare e accorgermi che non potevo - l’immagine dell’infortunio che Chiesa riporta al medico - Lì è stato il momento peggiore che mi fa un po’ rabbia verso me stesso o l’evento in sé. Non ha colpe nessuno, nel calcio succede”. Poi, in un altro esercizio sempre con lo psicologo aggiunge: "Ho pensato a me in mezzo al campo da solo, di notte, le luci dello Stadium. Ero con il petto in fuori, sicuro. Una bella sensazione, sembrava un concetto di libertà, entrare in campo senza pensare a niente e nessuno”.
I calci al pallone
Il primo torello dopo l’infortunio è stata una grandissima emozione: “Divertente, ti diverti a non farla prendere a quelli nel mezzo. Mi sentivo talmente parte del gioco che non ho pensato all’infortunio. I compagni mi prendevano in giro dicendomi ‘ecco chi è tornato, il redivivo’. Ho due pensieri prima del rientro in campo: andrà tutto bene? Ho fatto tutto quello che potevo fare per tornare ai miei livelli?”.
La rinascita
La prima convocazione per Juventus-Psg di Champions League. La mamma descrive il momento così: “Noi abbiamo una chat familiare e lui ha scritto ‘sono convocato’. Siamo subito partiti col treno e arrivati a Torino agitati. La paura c’è, penso sia inevitabile. Sapremo superarla tutti insieme”. Poi l’ingresso in campo dopo 297 giorni di attesa e sofferenza. La rinascita e una storia ancora tutta da scrivere. Federico Chiesa back on track.