Plusvalenze, quei dubbi di Gravina e l'unica colpevole

Ancora una volta il presidente federale ribadisce che non c’è un modo per verificarle, ma la Juventus ha beccato 15 punti di penalizzazione

«Di plusvalenze se ne parla da tantissimi anni ma nessuno riesce a trovare la soluzione. Quando ci muoviamo nel campo dell’economia di mercato è davvero difficile trovare elementi oggettivi ma aspetto lumi da chi è deputato a giudicare questi fenomeni. Io ritengo che non ci siano dati oggettivi nel caso di scambi di mercato». L’ha spiegata così il presidente della Figc Gabriele Gravina, confermando ancora una volta che, non solo non esiste una norma che regoli le plusvalenze nei bilanci delle società di calcio, ma tecnicamente non è possibile valutarle in termini oggettivi. Parole di buon senso e condivise, da anni, dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, paradossalmente anche dal giudice Mario Luigi Torsello, che per due volte aveva scritto concetti analoghi nelle sentenze di assoluzione per la Juventus e per le altre società deferite dalla Procura Federale. Poi, però, lo stesso Torsello ha appioppato 15 punti di penalizzazione alla stessa Juventus nello stesso procedimento, riaperto sulla base della documentazione dell’inchiesta Prisma svolta dalla Procura di Torino.

Il salto di articolo

Torsello ha, quindi, trovato gli elementi oggettivi per valutare uno scambio di mercato? No. Ha risolto il giallo delle plusvalenze che, secondo Gravina, è irrisolvibile? No. Ha però usato le intercettazioni e i foglietti sequestrati durante le indagini dei pm torinesi come confessioni dei dirigenti juventini a proposito della supervalutazione dei giocatori nei famosi scambi a specchio. Tutto questo, secondo Torsello, nel quadro di un comportamento sistematico e reiterato grazie al quale ha compiuto l’ardito salto di articolo: dal 31 sulle violazioni di bilancio (che prevde solo ammende) al 4 sulla lealtà sportiva (che può prevedere punti di penalità). E da qui è scattata la penalizzazione di 15 punti (perché proprio 15 resta un altro mistero). Ma se le plusvalenze non si possono calcolare, come ha sottolineato ieri il presidente Gravina, come si possono sanzionare e così pesantemente? Anche prendendo per confessorie le intercettazioni, come si calcola il plusvalore fittizio creato dagli scambi a specchio? E se non se ne può valutare l’ammontare, come si fa a pesarne con esattezza l’effetto sul bilancio e, quindi, misurare il vantaggio illegale di cui avrebbe goduto la Juventus? Infine, se non esiste una norma che regoli e vieti in modo esplicito le plusvalenze derivanti da scambi, come può essere, la plusvalenza, oggetto di una violazione sistematica?

Plusvalenze, un giallo con un unico colpevole

Insomma, le parole pronunciate ieri da Gravina ci riportano al dubbio che mina la base della sentenza di condanna per la Juventus. È chiaro come Torsello abbia costruito un castello accusatorio basandosi sulle telefonate e i foglietti con cui i dirigenti si autoaccusano, ma la domanda è: di cosa si autoaccusano se la plusvalenza non è reato e la sua falsità non è oggettivamente dimostrabile? Il castello è intrigante, ma non ha le fondamenta. Così le plusvalenze rimangono un giallo con un unico colpevole: la Juventus. Altro fatto bizzarro per una violazione che si commette in due. Ma anche questa è un’altra storia.

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