Juventus, la gioia di Gatti è la base per il futuro

La vittoria non nasconda la polvere sotto il tappeto: la squadra bianconera non può essere questa

La gioia di Federico Gatti è così autentica che purifica una brutta partita. La storia del ragazzo, che in tre anni è passato dai Dilettanti a un gol in Europa, racconta il futuro della Juventus che da quella gioia, figlia di determinazione, umiltà, applicazione e tigna imprescindibili pilastri per la ricostruzione di un ciclo vincente. E lo stesso discorso vale per Mattia Perin, strepitoso nel sostituire Szczesny, colto da un malore. Lo stesso siparietto tra i due numeri uno, alla fine della partita, è un segnale incoraggiante sullo spirito che può forgiare la Juventus di domani. Non mancano, insomma, ragioni per essere ottimisti. Ma Gatti e Perin non devono essere il tappeto sotto il quale nascondere la tanta polvere della prestazione di ieri. La Juventus ha ripreso a giocare male.

La compattezza del gruppo

Le dieci vittorie su dodici di febbraio e marzo noverano state tutte convincenti, ma avevano riconsegnato ai tifosi una squadra solida e, a sprazzi, anche bella. Dopo la pausa delle nazionali sono riaffiorati vecchi difetti, primo fra tutti la grave carenza di precisione che ieri ha prodotto irritanti errori nei passaggi. La Juventus, adesso, non è più incisiva, improvvisa la manovra in modo caotico, vive di fiammate dei singoli (ieri gli strappi di Chiesa) e concede un po’ troppo all’avversario. Resta la compattezza del gruppo e una certa foga agonistica che, tuttavia, non si traduce mai in intensità. Insomma c’è qualcosa che non funziona e non viene più mascherato dai risultati perché le gare di ritorno della semifinale di Coppa Italia contro l’Inter e dei quarti di Europa League contro lo Sporting partono da un 1-1 e un 1-0 strettini che in trasferta richiederanno battaglia e una Juventus più organizzata.

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Periodo di transizione

In questo strano periodo di transizione, con le sentenze della giustizia sportiva che pendono sulla stagione moltiplicando le incertezze, il punto fermo della dirigenza è l’idea che tutto deve ricominciare quando l’incubo sarà finito. Quanto accadrà da qui a giugno può essere giudicato con indulgenza per molte ragioni, ma non può essere ignorato nel progettare le strategie della rinascita. La Juventus deve giocare meglio, deve essere più intensa, deve valorizzare meglio il talento di una rosa che non manca di qualità.

Essere Juventus

La lucidità necessaria in chi governa la Juventus oggi deve godersi la soddisfazione nel constatare come la squadra ha affrontato e sta affrontando difficoltà emotive e sballottamenti ambientali, ma avere la freddezza per analizzare quanto non ha funzionato sotto il profilo squisitamente calcistico. Senza isterismi, senza pregiudizi e senza dogmatismi tattici, ma tirando le somme e ragionando su partite come quella di ieri sera che non può essere lo standard bianconero, soprattutto per i rischi corsi. Questa squadra non ha quasi mai convinto fino in fondo, nonostante i risultati, nasconderselo non sarebbe utile, non sarebbe da Juventus.

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La gioia di Federico Gatti è così autentica che purifica una brutta partita. La storia del ragazzo, che in tre anni è passato dai Dilettanti a un gol in Europa, racconta il futuro della Juventus che da quella gioia, figlia di determinazione, umiltà, applicazione e tigna imprescindibili pilastri per la ricostruzione di un ciclo vincente. E lo stesso discorso vale per Mattia Perin, strepitoso nel sostituire Szczesny, colto da un malore. Lo stesso siparietto tra i due numeri uno, alla fine della partita, è un segnale incoraggiante sullo spirito che può forgiare la Juventus di domani. Non mancano, insomma, ragioni per essere ottimisti. Ma Gatti e Perin non devono essere il tappeto sotto il quale nascondere la tanta polvere della prestazione di ieri. La Juventus ha ripreso a giocare male.

La compattezza del gruppo

Le dieci vittorie su dodici di febbraio e marzo noverano state tutte convincenti, ma avevano riconsegnato ai tifosi una squadra solida e, a sprazzi, anche bella. Dopo la pausa delle nazionali sono riaffiorati vecchi difetti, primo fra tutti la grave carenza di precisione che ieri ha prodotto irritanti errori nei passaggi. La Juventus, adesso, non è più incisiva, improvvisa la manovra in modo caotico, vive di fiammate dei singoli (ieri gli strappi di Chiesa) e concede un po’ troppo all’avversario. Resta la compattezza del gruppo e una certa foga agonistica che, tuttavia, non si traduce mai in intensità. Insomma c’è qualcosa che non funziona e non viene più mascherato dai risultati perché le gare di ritorno della semifinale di Coppa Italia contro l’Inter e dei quarti di Europa League contro lo Sporting partono da un 1-1 e un 1-0 strettini che in trasferta richiederanno battaglia e una Juventus più organizzata.

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