Pagina 3 | Juventus, la Giustizia e il potere: così però resta la disparità

La versione breve? È sostanzialmente impossibile che la Juventus partecipi alle coppe europee della prossima stagione. Per chi non vuole intrufolarsi nel labirinto delle supercazzole giuridiche, questa è la sintesi. Il Collegio di Garanzia ha detto alla Corte d’Appello Federale di riformulare meglio la sentenza del -15 e - ha aggiunto - visto che per alcuni dei dirigenti condannati il 20 gennaio non ci sono prove, è necessario rimodulare l’entità della penalizzazione (o trovare prove stringerti della loro colpevolezza, che però non ci sono). Quindi è molto probabile che la nuova sentenza possa essere inferiore, ma non abbastanza inferiore perché la Juventus possa qualificarsi almeno in Conference League.

Sarà dura trovare un senso alle prossime quattro partite di campionato dei bianconeri, perché per la classifica non ci sarà.

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Juve, le 75 pagine di motivazioni del Collegio

Sono dure le 75 pagine di motivazioni del Collegio, smontano i 9 punti del ricorso juventino e rattoppano con elegante sartoria giuridica la slabbrata sentenza di Torsello. L’impianto accusatorio non solo esce indenne dal passaggio al Collegio, ma rinforzato dalla maggiore accuratezza che il Collegio ha usato nello scrivere le motivazioni. Certo, bisogna condividere il punto di partenza, ovvero l’idea che i dirigenti della Juventus avessero costruito un sistema illecito e sleale, senza tuttavia poter dimostrare un solo esempio della loro slealtà, visto che non esiste una norma sulle plusvalenze “fittizie” e che tutto si basa su stralci di conversazioni estrapolati dalle intercettazioni della Procura della Repubblica di Torino, non ancora passate al vaglio non solo di un vero processo, ma anche di una semplice udienza preliminare. Ma queste sono chiacchiere, la sentenza è scritta e motivata: per la giustizia sportiva, i dirigenti apicali della Juventus, ovvero Andrea Agnelli, Fabio Paratici, Federico Cherubini e Maurizio Arrivabene (la cui kafkiana situazione andrebbe raccontata a parte) sono stati sleali. E questo, scrive il Collegio, inguaia per “trascinamento” la Juventus.

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La giustizia sportiva impone logiche di diritto e di potere

Ancora una volta, la giustizia sportiva impone logiche di diritto e di potere. Il messaggio recapitato alla Juventus è di una grande compattezza del sistema che, non dovendo rispondere a un meccanismo giuridico rigoroso, può sfruttare l’evanescenza di un concetto come la “lealtà” per condannare anche in assenza di una norma che stabilisca i criteri per i quali una plusvalenza è fittizia e un’altra non lo è. E può giustificare l’assurdità di punire un solo club per una violazione che si commette in due. E può nascondere la coda di paglia di chi ha commesso le stesse identiche violazioni ma, agendo in città con Procure meno zelanti o con problemi più importanti, non è stato intercettato. Siamo sempre lì, alla fine, alla disparità di giudizio che avvelena e avvelenerà qualsiasi discussione, perché la giustizia per essere tale deve essere uguale per tutti. O quanto meno simile.

Invece, il senso di tutto sta nella psichedelica defi nizione di «dosimetria sanzionatoria» con la quale, si ha la sensazione, si voglia nascondere il più prosaico concetto di salumeria giudiziaria con la quale verranno ristabiliti i punti di penalizzazione e con la quale si imbastirà l’eventuale trattativa per la manovra stipendi. Sono venuti 12 punti, Signora, lascio?

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La giustizia sportiva impone logiche di diritto e di potere

Ancora una volta, la giustizia sportiva impone logiche di diritto e di potere. Il messaggio recapitato alla Juventus è di una grande compattezza del sistema che, non dovendo rispondere a un meccanismo giuridico rigoroso, può sfruttare l’evanescenza di un concetto come la “lealtà” per condannare anche in assenza di una norma che stabilisca i criteri per i quali una plusvalenza è fittizia e un’altra non lo è. E può giustificare l’assurdità di punire un solo club per una violazione che si commette in due. E può nascondere la coda di paglia di chi ha commesso le stesse identiche violazioni ma, agendo in città con Procure meno zelanti o con problemi più importanti, non è stato intercettato. Siamo sempre lì, alla fine, alla disparità di giudizio che avvelena e avvelenerà qualsiasi discussione, perché la giustizia per essere tale deve essere uguale per tutti. O quanto meno simile.

Invece, il senso di tutto sta nella psichedelica defi nizione di «dosimetria sanzionatoria» con la quale, si ha la sensazione, si voglia nascondere il più prosaico concetto di salumeria giudiziaria con la quale verranno ristabiliti i punti di penalizzazione e con la quale si imbastirà l’eventuale trattativa per la manovra stipendi. Sono venuti 12 punti, Signora, lascio?

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