Il futuro di Massimiliano Allegri resta in bilico, dopo il ko contro il Milan e la contestazione dello Stadium, ma non saranno Francesco Calvo o il nuovo ds, in procinto di arrivare, Cristiano Giuntoli a decidere del destino del tecnico. Max si gioca la panchina bianconera a un livello più alto, direttamente con la proprietà: l’appuntamento con John Elkann è fissato per giugno, alla fine della stagione più complicata della carriera dell’allenatore toscano. In cui ha fortemente inciso la penalizzazione, una classifica a montagne russe con punti che vengono sottratti, ridati e nuovamente ripresi, dove il tecnico era stato bravissimo, almeno fino a poche settimane fa, a gestire le situazioni estreme ed isolare la squadra affinché riuscisse a trarre forza dagli eventi negativi. Poi la doppia eliminazione nelle semifinali di Coppa Italia e di Europa League, insieme con il -10 inflitto dalla Corte federale d’Appello, è stata una batosta così dura da digerire che ha avuto un effetto deflagrante sull’intero ambiente bianconero. Anche perché sono emerse tutte le lacune sul piano tecnico, dalla mancanza di un gioco a una rosa di campioni che non hanno reso secondo le aspettative.
Il legame
Allegri sente il peso della responsabilità, la sua proverbiale ironia ha lasciato il posto alla fatica e alla stanchezza per lo stillicidio a cui lui e la sua squadra sono stati sottoposti. Ma non ha intenzione di mollare: su questo punto è stato fin troppo chiaro. In ogni conferenza, in ogni intervista, continua a ripetere che lui non abbandona la nave («sarebbe da vigliacchi»), che ha un contratto che lo lega ancora per le prossime due stagioni alla Juventus, una durata firmata dall’ex presidente Andrea Agnelli che lo aveva personalmente rivoluto nell’estate 2021 alla guida della squadra. E semmai ad Agnelli si può imputare la scelta di un contratto così lungo, quattro anni, a cifre altrettanto faraoniche: con 9 milioni di ingaggio, bonus compresi, Allegri è il tecnico più pagato della Serie A. Cifre che peseranno sul futuro da condividere con la proprietà. Se Elkann, dopo un’attenta riflessione, ritenesse che le strade della Juventus e di Allegri dovessero separarsi a fine stagione, allora dovrebbe mettere in conto una spesa extra non certo indifferente: tra lo stipendio dell’allenatore e quello del suo staff per un biennio ballano tra i 35 e i 40 milioni. Soprattutto l’esborso dovrebbe avvenire proprio nella stagione in cui la Juventus potrebbe non avere i ricavi della Champions League (che ha fruttato introiti per una media di 80 milioni l’anno nelle ultime undici edizioni) o limitarsi soltanto a quelle delle altre due Coppe europee che hanno decisamente meno appeal anche da un punto di vista economico. Allegri non è più un intoccabile, ma cacciarlo significa spendere tanto. Ed è uno dei motivi per cui la proprietà al momento non prende posizione. Vuole decidere a stagione conclusa per capire anche dove sarà la Juventus nella prossima annata alla luce degli esiti dei processi sportivi.
Il piano B
Non basta però mandare via Allegri, inviso a una buona fetta dei tifosi, o eventualmente cercare una risoluzione consensuale. Occorre anche trovare un sostituto: il nome in pole per la panchina della Juventus sarebbe quello di Igor Tudor, destinato a lasciare il Marsiglia, che vanta un passato in bianconero sia da giocatore, sia allenatore (era il vice di Andrea Pirlo) e che è amato dai tifosi bianconeri. Piacciono anche Thiago Motta, autore di una brillante stagione al Bologna, e Sergio Conceiçao, legato al Porto da un accordo fino al 2024.