Giustizia Sportiva, la riforma e la Juve: ma chi paga per quest'anno?

Passa la norma per applicare le sanzioni all’ultimo grado: dopo tante storture qualcosa si muove. E qualcos'altro non torna

Fatto l’inganno, trovata la legge. Siamo un Paese meraviglioso: al termine di una stagione sportiva nella quale un club, la Juventus, ha pagato la schizofrenia del sistema della giustizia sportiva, si sente l’urgenza di riformare le storture al punto da infilarle in un decreto che non c’entra nulla. Una fretta non petita, come certe excusatio: l’ammissione che quanto si è vissuto quest’anno ha poco di normale (e morale).

Il togli-metti-togli punti è parso così paradossale da scandalizzare anche un paio di ministri che, ieri, hanno stabilito per decreto che la classifica dei campionati potrà essere cambiata solo al termine del percorso della giustizia sportiva, cioè dopo il pronunciamento del Collegio di Garanzia, ultimo grado di giudizio, come ha spiegato il ministro dello sport Andrea Abodi nella conferenza stampa seguita al Consiglio dei Ministri. Tutto molto bello, ma resta un dubbio, perché i casi sono due. Se, effettivamente, quello che è successo quest’anno è stato un pasticciaccio, chi ripaga la Juventus? Cioè chi le ridà la possibilità di giocarsi il campionato senza l’ansiogena altalena di penalizzazioni?

La giustizia sportiva e la soluzione virtuale

Tuttavia viene da chiedersi, e siamo al secondo caso: la riforma passata ieri è davvero risolutiva? Cioè non correggere la classifica dopo il primo e il secondo grado di giudizio è davvero la panacea dei mali della giustizia sportiva? O è solo una soluzione virtuale, perché tanto se ti mollano 15 punti a gennaio, non puoi non pensarci solo perché i giornali non li tolgono alla classifica. Insomma, se davvero è una riforma importante, certifica l’ingiustizia subita dalla Juventus, se non lo è forse non è il caso di gridare al miracolo e di pensare alle cose veramente serie.

Juve e giustizia sportiva: le 4 domande che meritano una risposta

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

La Juve e il film horror della giurisprudenza

Per esempio il fatto che quei punti, prima 15 poi 10, sono stati sottratti alla Juventus senza una legge o una norma che regoli la fattispecie per la quale è stata punita: le plusvalenze fittizie. Nelle motivazioni più arzigogolate degli ultimi tempi, si trovano concetti astratti come «sistema» e neppure una circostanza, si mischiano casi che in precedenti gradi di giudizio erano stati ritenuti irrilevanti, si utilizzano carte di un’inchiesta che non è manco arrivata a un rinvio a giudizio e, proprio sulle plusvalenze, ha ricevuto una bella bacchettata dal gip. Insomma un film horror della giurisprudenza in cui si è negato il diritti di difesa, non si è spiegato dove, quale e come si configurasse la violazione e, la vera perla, si è punito un club per una violazione in cui ne servono due. Il Consiglio dei Ministri, in compenso, ha anche annunciato un "giro di vite" sulle plusvalenze, un meccanismo fiscale per disincentirvarle rendendo l’effetto benefico sul bilancio molto più blando.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

La Juve, Suarez e il massacro mediatico

È una buona idea, ma resta il problema: quando è fittizia una plusvalenza? E perché la Juventus ha beccato dieci punti che l’hanno privata della Champions League? 
La giustizia sportiva necessita di riforme, molto più profonde del ritocchino sull’applicazione delle sanzioni dopo il terzo grado di giudizio. E non sono i tempi della giustizia sportiva a essere il problema, ma cose più serie come il diritto al giusto processo e una certa serietà del sistema, troppo permeabile alla politica sportiva. Una separazione più netta fra potere esecutivo e giudiziario darebbe un tocco di serietà in più e toglierebbe l’impressione che il diritto non c’entri mai nulla. Perché poi, a distanza di anni, la verità emerge sempre, come sta emergendo a Perugia. Vi ricordate il caso Suarez. Più il processo va avanti, più la Juventus ne esce (ieri un testimone chiave ha escluso qualsiasi pressione da parte del club sull’esame al giocatore), ma nessuno chiede scusa per quel massacro mediatico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Fatto l’inganno, trovata la legge. Siamo un Paese meraviglioso: al termine di una stagione sportiva nella quale un club, la Juventus, ha pagato la schizofrenia del sistema della giustizia sportiva, si sente l’urgenza di riformare le storture al punto da infilarle in un decreto che non c’entra nulla. Una fretta non petita, come certe excusatio: l’ammissione che quanto si è vissuto quest’anno ha poco di normale (e morale).

Il togli-metti-togli punti è parso così paradossale da scandalizzare anche un paio di ministri che, ieri, hanno stabilito per decreto che la classifica dei campionati potrà essere cambiata solo al termine del percorso della giustizia sportiva, cioè dopo il pronunciamento del Collegio di Garanzia, ultimo grado di giudizio, come ha spiegato il ministro dello sport Andrea Abodi nella conferenza stampa seguita al Consiglio dei Ministri. Tutto molto bello, ma resta un dubbio, perché i casi sono due. Se, effettivamente, quello che è successo quest’anno è stato un pasticciaccio, chi ripaga la Juventus? Cioè chi le ridà la possibilità di giocarsi il campionato senza l’ansiogena altalena di penalizzazioni?

La giustizia sportiva e la soluzione virtuale

Tuttavia viene da chiedersi, e siamo al secondo caso: la riforma passata ieri è davvero risolutiva? Cioè non correggere la classifica dopo il primo e il secondo grado di giudizio è davvero la panacea dei mali della giustizia sportiva? O è solo una soluzione virtuale, perché tanto se ti mollano 15 punti a gennaio, non puoi non pensarci solo perché i giornali non li tolgono alla classifica. Insomma, se davvero è una riforma importante, certifica l’ingiustizia subita dalla Juventus, se non lo è forse non è il caso di gridare al miracolo e di pensare alle cose veramente serie.

Juve e giustizia sportiva: le 4 domande che meritano una risposta

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
Giustizia Sportiva, la riforma e la Juve: ma chi paga per quest'anno?
2
 
3